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19/07/2019 06:00:00

Paolo Borsellino e la mafia spiegata ai ragazzi

Tutti abbiamo assistito al grande clamore che si è fatto attorno al maxiprocesso di Palermo. Finito il maxiprocesso, si è cominciato punto e daccapo. Ma è evidente, poiché, quando un’azione è soltanto giudiziaria – e così soltanto poteva essere quella della magistratura e della polizia –e non incide sulle cause di fondo del fenomeno, è chiaro che ce la saremmo dovuti ritrovare davanti, così come ce la siamo ritrovata.

La verità è che vi è stata una delega inammissibile a magistrati e polizia di occuparsi essi soli della mafia, e lo Stato non ha fatto sostanzialmente nulla; non ha fatto nulla perché non aveva un’amministrazione della giustizia efficiente in senso soprattutto civile, a cui il cittadino si potesse rivolgere quando doveva risolvere i suoi problemi.

Noi sappiamo il grande sfascio che c’è nella giustizia soprattutto civile in Italia, non è possibile fare una causa e concludere in tempi minori di dieci anni o dodici anni.

[Lo Stato] non ha fatto nulla per dare alle pubbliche amministrazioni, soprattutto a quelle locali, mi riferisco al Meridione, ma ci sono grossi problemi del genere anche in tutte le altri parti d’Italia... Per dare un’immagine credibile, il presidente della Regione siciliana [Rino Nicolosi, democristiano, ndr], poche settimane fa, ha dichiarato che le Usl, cioè le Unità sanitarie locali siciliane, subiscono e non resistono a grossissime pressioni mafiose. Addirittura nella formazione degli esecutivi: sostanzialmente i mafiosi si sono inseriti pesantemente anche lì perché le Usl oggi amministrano enormi quantità di denaro per quello che dovrebbe essere l’adempimento delle condizioni di salute di tutti i cittadini, che si disperdono in mille rivoli creando anch’esse una sanità allo sfascio. Che cosa si è fatto per dare allo Stato, in queste regioni e comunque dappertutto in Italia, un’immagine credibile? Si è fatto ben poco... In Sicilia è soprattutto accentuata con riferimento alla mancanza di credibilità degli enti locali, quelli che stanno più a diretto contatto con il cittadino. Come enti locali mi riferisco al sindaco, mi riferisco ai prefetti, alle Unità sanitarie locali, ai vari enti, alle varie aziende che agiscono negli enti locali, che sono quelli che il cittadino vede. C’è questa mancanza di credibilità. In realtà c’è in gran parte anche del resto d’Italia e siccome la mafia, forte oggi della potenza economica enorme che ha per il traffico di sostanze stupefacenti, tende a operare in qualsiasi parte delle regioni italiane, ecco che questo diventa un problema di tutti. E diventa un problema di tutti non gridando che il giudice deve arrestare più persone o la polizia deve presidiare più [...], perché la vera soluzione sta nell’invocare, nel lavorare affinché lo Stato diventi più credibile, perché noi ci dobbiamo identificare di più in queste istituzioni. [...] Non si tratta di un fenomeno di facile o immediata risoluzione. La criminalità si può contenere, ma non fare scomparire del tutto. È un dato storico ormai accettato, ma la soluzione che io auspico è riuscire a non avere più questa pericolosissima forma di criminalità la cui caratteristica principale sta proprio nel confondersi e stravolgere il senso vero delle istituzioni statali. [...]

Trascrizione di un intervento di Paolo Borsellino in un incontro con gli studenti di Bassano del Grappa, il 26 Gennaio 1989.

Tratto da "Paolo Borsellino - Cosa nostra spiegata ai ragazzi", PaperFirst, Roma pagg. 112, 8 euro, prefazione di Salvatore Borsellino.



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