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03/09/2019 15:00:00

Salvatore Agueci: "Mediterraneo di Pace, cosa significa tutelare i minori stranieri"

Pubblichiamo l'intervento che Salvatore Agueci - Tutore MISNA e Mediatore culturale nelle Carceri di Trapani e Favignana - avrebbe dovuto fare alla manifestazione "Un Mediterraneo di Pace" che si è interrotta a San Vito Lo Capo il 1° Settembre 2019 a causa della pioggia sopravvenuta.


Due riflessioni: una personale e una collettiva
Parto dall’ultima mia esperienza ma con me c’è un numero ormai considerevole di tutori volontari, adeguatamente preparati, che operano nel mondo dei minori stranieri non accompagnati, iscritti all’Albo Regionale.

La legge 47 del 7 aprile 2017, entrata in vigore il 6 maggio dello stesso anno, all’art. 11 dice che «Presso ogni tribunale per i minorenni è istituito un elenco dei tutori volontari, a cui possono essere iscritti privati cittadini, selezionati e adeguatamente formati».

Qual è il compito dei Tutori? Uno solo li abbraccia tutti: cercare il bene supremo per il minore, attraverso piccoli momenti importanti perché egli non si senta solo: a livello legale, sanitario, alimentare, scolastico e quant’altro necessita. I MSNA sono volti, persone, con una dignità da salvaguardare e da promuovere come se fossero nostri figli, non a caso siamo per loro “papà” e “mamma” italiani. A me è successo… (esperienza particolare con Alouis, di 16 anni, della Guinea).

Accompagnare il MSNA è condividere con lui la sua storia personale fino al compimento del 18° anno. Tutto questo in collaborazione con il Tribunale per i minori e con la Comunità che li ospita (circa una trentina in tutta la provincia).

Non stiamo facendo loro alcuna carità, non è pietà la nostra, ma stiamo rispondendo a un loro diritto, quello di essere persone a pieno titolo e fornire loro i mezzi necessari per sopravvivere, assieme alle famiglie d’origine.

Alcune difficoltà li abbiamo incontrate, una fra tutte: la non continuità di permanenza dovuta ai frequenti trasferimenti in altre strutture fuori il territorio di nostra competenza. Questo comporta il cambio anche del tutore con svariati disagi per i minori e per noi.

Una domanda ricorrente che tutti si pongono è: “Perché non li aiutiamo a casa loro?” Il giorno in cui noi la smettiamo di essere predatori nei loro confronti, allora può iniziare uno sviluppo sostenibile nella terra d’origine.

Quelli che sono tra noi non tolgono lavoro perché fanno attività più umili che noi non faremmo, per giunta sottopagati. Anche così noi, accogliendoli, li stiamo aiutando con le rimesse che inviano alle famiglie (gli stessi detenuti, dei quali mi occupo, mi chiedono di inviare quel poco che guadagnano). Piuttosto perché non la smettiamo di trattarli come animali e di farli prostituire, rendendoli oggetti del nostro piacere?

“Tutelando i minori si cambia il futuro” era il titolo di un articolo di alcuni giorni fa e noi dobbiamo aiutare a costruire il futuro: ne abbiamo le facoltà, il dovere se vogliamo che il passaggio da questo nostro mondo non sia vano. Smettiamola di apparire grandi conoscitori del fenomeno e giudici severi, senza aver mosso mai un dito in loro favore, seminando piuttosto paura xenofoba.

Ci sarebbe ben altro da dire ma non voglio tediarvi.

Concludo questa prima parte facendo riferimento a Tito Livio che nelle Decadi, parlando della grandezza di Roma, scriveva: “Appena creata Roma si sentiva debole. Fu così che Romolo, come tutti i costruttori di città, aprì le porte ai fuggiaschi e ai furfanti. Da allora Roma divenne grande”.

Possiamo anche dire, senza paura di essere smentiti, che la Sicilia è grande culturalmente perché ha avuto a che fare con 21 popolazioni diverse, perché ha a che fare tuttora con tanti immigrati di cui circa seimila sono minori non accompagnati.

Le migrazioni da evento iniziale sono diventate un fenomeno e un problema, sociale e politico e come tale dobbiamo affrontarlo, senza delegare ad altri la soluzione, non fosse altro perché noi siamo stati e siamo tuttora un popolo di migranti (oltre centomila all’anno partono dal Meridione – il 90 per cento circa sono giovani - per lavorare fuori casa). Si è, inoltre, stanchi di sopraffazioni di qualsiasi genere e di essere presi in giro: la gente non arriva più a sbarcare il lunario, i poveri aumentano. Si è stanchi del non riconoscimento della dignità della persona umana. Mi preme lanciare una proposta ai cittadini onesti di questo lembo di terra Occidentale della Sicilia perché da Trapani parta una richiesta seria di “Politica” e di collaborazione fra tutte le forze, sociali e culturali, e i cittadini moralmente perbene: dobbiamo svegliarci per «Elaborare urgentemente, come scrive il vescovo di Trapani in un recente appello alle istituzioni nazionali e internazionali, strategie lungimiranti per i poveri del Mediterraneo». Loro, infatti, «Non sono Figli di una “cronaca minore” e di una politica in stallo che usa i migranti, che “galleggia” e “fa galleggiare” le coscienze nell’indifferenza».

Riprendiamo i valori che sono appartenuti ai trapanesi: della pace, dell’accoglienza, della sana politica, partendo dal bene comune, per tutti, nessuno escluso, italiani o stranieri.

Gli altri, a qualunque popolo o etnia appartengano sono esseri umani come noi.

Facciamo un’autocritica sulle responsabilità che come Occidente e come Europa abbiamo verso di loro: di sfruttamento, di oppressione, di schiavitù in cui per secoli abbiamo tenuto i Paesi del “Sud del mondo” (colonialismo) e li stiamo tenendo tuttora sottomessi (neocolonialismo. Francia docet). Non usiamoli anche con la vendita delle armi, implicando persino i minori, rimanendo noi spettatori nella scena mondiale, come nei circhi facevano i romani.

Usciamo dalla concezione liberista, di memoria storica e illuminista-populista, più moderna, del dire “prima gli italiani e poi…”, e andiamo verso un impegno globale, non camuffato da interessi che si ammantano di giustizia e di solidarietà.

“Dov’è tuo fratello?” L’interrogativo è rivolto a chi non crede, a chi ha una fede civile o religiosa, a chi è contro ogni forma di religiosità. “Fratello”: sono i familiari, è il vicino di casa, il cittadino, il connazionale, il minore, indigeno o straniero, è la donna, è qualsiasi uomo vivente.

Bisogna avere il coraggio e l’onestà di chiederci quali responsabilità abbiamo nei confronti della terra e di tutto il sistema cosmico, come di ogni essere vivente che lo abita. Oggi è la Giornata per la Custodia del Creato e noi abbiamo il dovere di esserne artefici, per tendere verso un’”ecologia integrale”. C’è una concomitanza tra il fenomeno ambientale e quello umano-migratorio: ambedue esprimono un’esigenza imprescindibile di vincolo con la creazione e con il resto dell’umanità (pensiamo al colore della pelle, alle diverse culture locali, alla formazione della nostra stessa personalità e reciprocità tra i popoli…). Ecco perché non possiamo lasciare in eredità un mondo scaricando sui giovani, nostri figli, gl’impegni, le responsabilità e, quel che è peggio, misconoscere le priorità del problema che è già imploso.

È un impegno politico-sociale, religioso, personale quello che ci aspetta per indirizzarci verso un percorso in cui il potere non sia affidato a una sola persona, dimenticandoci della storia già vissuta dai nostri predecessori che hanno creduto con la loro vita in un mondo nuovo, in un’Italia migliore.

Nei prossimi mesi facciamo sì che parta da questo territorio una proposta nuova, continuando l’esperienza di oggi, mettendo da parte le nostre ideologie e guardando assieme verso un’unica direzione di libertà, di pace e di fratellanza.

Risponderemo all’interrogativo: “Io sono mio fratello”, perché come me ha diritti e doveri, come ha la necessità di usufruire dei beni della terra e perché essi siano equamente distribuiti: quello che facciamo agli altri lo facciamo a noi stessi.

Trapani ci appartiene, il Mediterraneo è nostro, l’Italia e l’Europa li dobbiamo costruire, il cosmo lo dobbiamo amare perché esso ci ama e ci offre le opportunità di esistenza.

Non smettiamo di lottare, ma riprendiamo ogni giorno con maggiore energia contro tutte le forze che vogliono subissare l’uomo e atrofizzarlo.

Papa Francesco dice spesso ai giovani: “Non lasciatevi rubare il futuro, la speranza!” Io ripeto con lui: “Non lasciamoci rubare la vita!” Difendiamola anche quando sembra che non ci sia alcuna via d’uscita!