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19/03/2020 07:18:00

Coronavirus: in Sicilia 282 positivi. L’urlo di Musumeci: “Stativi a casa!”

 Il coronavirus cresce in Sicilia. I casi di coronavirus in Sicilia salgono a 282.

Questa la divisione dei 282 casi positivi nelle varie province: Agrigento 24; Caltanissetta 6; Catania 131; Enna 8; Messina 16; Palermo 47; Ragusa 6; Siracusa 28; Trapani 16.

“Stativi ‘a casa! Nun vi muviti! Non si è presa coscienza che ci troviamo al centro di una tempesta. C’è chi pensa di essere invulnerabile”. Nello Musumeci, intervistato stamane nel programma Zapping di Radio1 della Rai, lancia un nuovo, accorato appello ai siciliani legato all’emergenza coronavirus.

 

“Abbiamo il dovere di spiegare alla gente che non è vero che oggi la Sicilia sia una terra sicura nella quale si può confluire da ogni parte del mondo. Chi lo dice che venire qui sia la soluzione migliore? La soluzione migliore è muoversi meno possibile. Da Roma non arrivano le armi essenziali per combattere questa guerra. Parliamo di mascherine, dispositivi di protezione. Come si fa a non avere dopo 15 giorni le risorse necessarie? Bisognava muoversi prima”.

Sulla produzione di Dpi in Sicilia “ci stiamo attrezzando per conto nostro”: noi “abbiamo fatto appello ad alcune aziende – ha poi detto Musumeci, intervenendo a La7 – affinché possano convertire la produzione e dedicarsi ai camici monouso, alle mascherine. Qualcuno sembra avere già disposto. Ieri sera, in giunta, abbiamo deliberato alcuni milioni di euro. E’ assurdo che siamo tornati all’autarchia ognuno deve organizzarsi con i propri mezzi. E questo non è consentito. Lo dico senza polemica, ma con molta determinazione”.

“Da Roma, inviate dalla Protezione civile come mascherine è arrivato un ‘panno’ che di solito si usa con un poco di detersivo per pulire un tavolo. Non può essere una mascherina, non si può andare in guerra con le fionde. Non è possibile. Mi chiamano i sindaci, i medici che chiedono le mascherine, non sanno che le aspettiamo da Roma. Non voglio polemizzare, ma siamo arrivati a un punto di non ritorno. Ai primi di marzo – ha aggiunto – bisognava requisire le aziende e dire: ‘voi da domani produrrete questo tipo di prodotto’. Si fa così quando si è in guerra, non si cerca il mercato, Consip, la gara… In una condizione straordinaria si agisce con provvedimenti straordinari. La quinta-sesta forza economica del mondo non può pensare di partecipare a una gara internazionale per le mascherine e poi fare arrivare questi panni”.