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22/10/2021 06:00:00

“Salvare vite in mare non è reato”.  400 persone sbarcano in Sicilia. E domani arriva Salvini

13,30 -  "Le autorità italiane hanno assegnato a Sea Watch 3 il porto di Pozzallo (Ragusa). Le persone a bordo, dopo tanta sofferenza, potranno finalmente sbarcare in Europa".


Sulla nave umanitaria tedesca ci sono 406 migranti soccorsi nei giorni scorsi. 

07,00 - “Salvare vite in mare non è mai reato”. Alla vigilia dell’avvio del processo a Palermo nei confronti di Matteo Salvini, due importanti decisioni destinate a tracciare una linea di demarcazione sul tema dell’immigrazione e dei soccorsi in mare. La linea che separa il "sovranismo salviniano" dalla solidarietà in mare.

Quelle sulla Mare Jonio e sulla Sea Watch sono decisioni che smontano le tesi anti-Ong e che mettono in primo piano la necessità di salvare le vite nel Mediterraneo.

Prima la procura di Agrigento ha chiesto l’archiviazione del procedimento a carico dei vertici della Mare Jonio indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina dopo aver soccorso in mare 30 migranti, nel maggio 2019.
Si chiude dopo due anni di indagine, invece, un caso analogo, che si consumava proprio in quei giorni, quello della Sea Watch. Il gip di Agrigento ha deciso per il proscioglimento dalle accuse per il comandante Arturo Centore e per l'equipaggio della nave della Ong tedesca che sempre nel maggio 2019 soccorse in mare 65 migranti.


La linea è chiara, e smonta le tesi salviniane, cioè che non occorrono patentini o autorizzazioni per soccorrere naufraghi in mare.

Il caso Mare Jonio, chiesta l'archiviazione
Nel caso della Mare Jonio, in particolare, il capo missione Beppe Caccia e il comandante Massimiliano Napolitano sono indagati per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e violazione di una diffida della Capitaneria di porto di Palermo, che gli aveva vietato di prendere il largo perché l'imbarcazione era priva di "necessarie certificazioni e autorizzazioni a svolgere il trasporto di persone in caso di emergenza".

Per i pm che hanno chiesto l’archiviazione, però, non ci fu alcuna intenzione di portare in Italia dei clandestini ma la Mare Jonio agì con l’unico obiettivo di salvare trenta vite.
E’ la sera del 9 maggio 2019, un gommone verde scuro con a bordo trenta persone, tra cui due donne incinte (una al settimo e l'altra al quarto mese di gravidanza), una bambina di due anni, e quattro minorenni soli viene avvistato dalla Mare Jonio in area Sar Libica. "Veniamo dall'inferno", urlavano. Sono stati trasbordati sull’imbarcazione. Dopo un batti e ribatti durato ore tra i Centri di soccorso di Roma, Madrid, Malta e Tripoli, la nave si dirige verso Lampedusa, dove sbarca l'indomani, il 10 maggio.
Al loro approdo viene contestato di non avere le certificazioni per il soccorso in mare.

 

Per soccorrere non serve "patentino"
"Il rimorchiatore Mare Jonio non era tenuto a dotarsi di una certificazione Sar (Search and Rescue, ndr) per le attività di salvataggio" si legge oggi nella richiesta di archiviazione firmata dai procuratori aggiunti Salvatore Vella e Cecilia Baravelli. Al momento dei fatti, ribadisce la procura, "non esisteva nell'ordinamento italiano alcuna preventiva certificazione diretta alle imbarcazioni civili. La normativa parla di navi da salvataggio, ma fa riferimento alle imbarcazioni armate per il soccorso di altre imbarcazioni e non al salvataggio di vite umane".

Altro quesito interessante: perché l’equipaggio della Mare Jonio non avvisava il centro di soccorso libico? “Perché in Libia c’era e c’è una situazione da scenario di guerra civile”, quindi era meglio evitare.

Tutto ciò accadde quando Matteo Salvini era ministro dell’Interno e sui social aveva commentato così: “ultimo viaggio per la nave dei centri sociali Mare Jonio: bloccata e sequestrata. Ciao ciao”.

Ma quello che scrivono i magistrati nella richiesta di archiviazione smonta le tesi dei porti chiusi e dell’abbandono in mare dei migranti. "La condotta degli indagati non risulta antigiuridica, perché posta in essere nell'adempimento dei doveri previsti dalle fonti internazionali e sovranazionali, che impongono agli stati e ai comandanti delle imbarcazioni tutte, pubbliche e private, il salvataggio delle vite umane in mare. Che è un dovere anche degli Stati e prevale sulle norme e sui contratti bilaterali". Chiunque si trovi in mare ha l’obbligo di salvare le persone in pericolo.

Sea Watch, archiviata l'indagine
E in pericolo erano anche i 65 della Sea Watch, sempre nel maggio del 2019. Per le stesse motivazioni per cui è stata chiesta l’archiviazione per la Mare Jonio è stata invece disposta l’archiviazione per il comandante della Sea Watch Arturo Centore.

400 persone al largo di Trapani
Vicende che si intersecano con quello che sta succedendo in queste ore non molto distante dalle coste trapanesi, con oltre 400 persone a bordo della Sea Watch 3 che aspettano l’assegnazione di un porto sicuro.
Nella notte un'altra donna incinta è stata portata a terra dalla Sea Watch 3, che ha a bordo 406 migranti recuperati nei giorni scorsi al largo della Libia e si trova ora a pochi chilometri dalle coste siciliane, tra San Vito lo Capo e Palermo.. "È - afferma la ong tedesca - la terza evacuazione medica: uno stillicidio.
Fra le persone ancora a bordo ci sono bambini piccoli compreso un neonato di una settimana e persone con gravi patologie. Hanno bisogno di sbarcare subito".

 

 

Salvini a processo a Palermo
Intanto domani inizia il processo nei confronti di Matteo Salvini. L’ex ministro dell’Interno accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per il caso della Open Arms, la nave dell’ong che nell’agosto 2019 dopo aver salvato 147 migranti rimase in mare per giorni in attesa di poter far sbarcare i naufragi.