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23/04/2022 06:00:00

Calcedonio Di Giovanni/3: gli interessi a Petrosino, il Torrazza Harbour e la Roof Garden di Michele Licata

 Concludiamo oggi su Tp24 la storia di Calcedonio Di Giovanni, l’imprenditore di Monreale, vicino ai boss di Cosa nostra (qui potete leggere la prima parte e qui la seconda). Oggi raccontiamo degli intrecci e degli interessi Di Giovanni a Marsala, in particolare a Petrosino, quando ancora era una contrada marsalese, dove voleva realizzare un mega centro turistico ed in seguito gli intrecci e gli interessi  dell’imprenditore marsalese Michele Licata.

Di Giovanni inizia sin dall’inizio della sua carriera imprenditoriale ha interessi in provincia di Trapani. Inizia con l'edilizia, costruendo un palazzo a Piazza Mokarta a Mazara, e nel 1972, assieme ai suoi quattro fratelli, e ad altri parenti crea la società, La Mantide, fallirà nel 1978, dopo una serie di vicissitudini giudiziarie.

Il  mega progetto turistico "Torrazza Harbour" - Tra le diverse attività, negli anni '70 Di Giovanni progetta un mega villaggio turistico-nautico in contrada Torrazza, a Marsala. E’ un’altra Kartibubbo, molto più invasiva. Il progetto era quello di Torrazza Harbour, un mega complesso turistico-nautico, progettato da una delle società a lui riconducibile, La Mantide. Un progetto enorme in un’area di 170 mila metri quadrati. Prevedeva un bacino portuale di 50 mila metri quadrati. 30 mila metri quadrati di fabbricati. 500 posti barca, 8 piscine, shopping center, ristoranti, bar, campi da tennis e una spiaggia privata. Un roba devastante. Viene anche rilasciata la concessione edilizia dal Comune di Marsala nel settembre 1973 (Petrosino risultava ancora essere una borgata tra Marsala e Mazara e non un Comune). Poi non se ne fece più nulla. La gente si era mobilitata per fermare lo scempio. 40 anni dopo la storia si è ripetuta.

Gli intrecci e le analogie con la Roof Garden di Michele Licata - La splendida spiaggia di Torrazza 40 anni dopo è finita nuovamente al centro di un caso di speculazione e abusivismo edilizio, culminato con un’inchiesta della magistratura e il sequestro di un’area di 18 ettari. E’ la vicenda del complesso turistico alberghiero che stava costruendo la Roof Garden srl di Michele Licata, imprenditore molto attivo nel settore turistico-ricettivo, con sale, ristoranti, resort sparsi tra Marsala e Petrosino. Un’area enorme, di 18 ettari, rientrante nella zona umida dei Margi Nespolilla. Tutta una zona che Licata piano piano è riuscito a comprare, lotto per lotto, fino a creare un unico campo, quasi da Monopoli. E un progetto che prevedeva campi da golf, hotel, tutta una serie di vie interne, fino ad arrivare al mare, alla spiaggia di Torrazza, dove la Roof Garden aveva costruito un lido che doveva essere stagionale, ma che non lo era. Il tutto è finito sotto sequestro. E i reati contestati sono quelli di lottizzazione abusiva, abusivismo edilizio con l’aggravante di essere avvenuto in una zona a protezione speciale quale è l’area umida dei Margi. E’ quella, la stessa zona dove Di Giovanni, 40 anni prima, voleva creare il mega complesso turistico Torrazza Harbour.

Che legame c’è tra Di Giovanni e la Roof Garden di Michele Licata, a parte la somiglianza tra Kartibubbo e il complesso abusivo di Torrazza, e i sequestri milionari? (Il racconto lo riprendiamo da un inchiesta di Tp24 del 2014). Una compravendita da circa 500 mila euro. Perchè una delle aziende riconducibili a Di Giovanni, in realtà intestata alla moglie Orsola Sciortino, era proprietaria dei terreni di Torrazza. 17 ettari ricadenti nella zona dei Margi che prima di mettere in liquidazione la società di Di Giovanni vende in blocco alla Roof Garden di Michele Licata, una delle società messe sotto sequestro nei mesi scorsi. Un affare, dicevamo, del valore di quasi 500 mila euro che tutti conoscono a Petrosino. I bene informati parlano di una supervalutazione per quei terreni abbandonati in cui la Roof Garden voleva creare una roba simile a Kartibubbo. Non è successo, anche questa volta i cittadini hanno protestato per non vedere altre speculazione a Torrazza, e la magistratura ha messo i sigilli a tutto per abusivismo edilizio e lottizzazione abusiva.

L'atto di vendita di Caldedonio Di Giovanni dei terreni di Torrazza - E' il 15 settembre 2009. Via Roma, Marsala. Siedono, davanti ad Eugenio Galfano, notaio ed ex Sindaco della città, l'imprenditore marsalese Michele Licata e l'imprenditore di Monreale Calcedonio Di Giovanni. Quest'ultimo ha alle spalle diverse condanne, dalla bancarotta, all'emissione di assegni scoperti, e poi abusivismo edilizio, furto di energia elettrica, fino ad arrivare alla truffa ai danni dello stato e altri reati fiscali. Proprio qualche mese prima Di Giovanni patteggia una condanna per una truffa ai danni dello stato, di quelle che si fanno con la 488, per l’ottenimento di finanziamenti pubblici per il suo residence Kartibubbo, a Campobello. La sentenza del Tribunale di Marsala arriva proprio due mesi prima, il 16 luglio esattamente. Ma la cosa, là, in quello studio, non interessa. C’è da concludere un affare. Mettere nero su bianco il passaggio di proprietà di terreni dalla società “Il Cormorano srl” di Di Giovanni alla Roof Garden di Michele Licata. Sono i terreni di Torrazza, a Petrosino. 17 ettari nell’area dei Margi, quelli definiti dall’Unione europea come Zona a protezione speciale. Appezzamenti di terreno che al catasto sono classificati come “verde agricolo” e “zona vincolata a verde di rispetto costiero”. Una vasta area che arriva fino alla spiaggia di Torrazza, anzi, metà dell’arenile ricade proprio nel maxi lotto che si sta vendendo. E lo si sta vendendo a peso d’oro, secondo i ben informati. L’affare ammonta a 490 mila euro, che vengono trasferiti in 10 tranche dalla Roof Garden di Licata alla Cormorano di Di Giovanni. 9 assegni non trasferibili da 50 mila euro e uno da 40 mila euro che vengono versati nel giro di un mese. Otto di questi assegni, da 50 mila euro ciascuno tra bancari e postali, vengono tutti emessi il giorno della stipula dell’atto di vendita. I terreni di Torrazza erano di proprietà della Cormorano di Di Giovanni dal gennaio del 1989, quando le sono stati trasferiti da un’altra società: la Beton Sud Nord E.E.S.. Di chi è? Sempre riconducibile a Calcedonio Di Giovanni, e sempre nella lista dei beni sequestrati all’imprenditore di Monreale.