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21/11/2022 06:00:00

Massoneria. Quegli strani spazi bianchi, senza nome, nei registri della loggia

 75.000 nomi. Sono quelli contenuti nella matricola generale del Grande Oriente d’Italia, compilata dal 1875. Ma in quei registri ci sarebbero delle “zone bianche, senza nomi”, cioè “spazi bianchi dove al numero [di matricola] non corrisponde un nome”.

La circostanza emerge nella ricostruzione storica del numero di affiliati, che il professore Aldo Mola, docente universitario, saggista e noto storico della massoneria, racconta nella sua audizione alla Commissione parlamentare antimafia.

Si tratta della recente relazione sui rapporti tra la criminalità organizzata e le logge massoniche, in cui il professor Mola fornisce alla Commissione una spiegazione. “Alla fine dell’Ottocento – si legge – circa un terzo delle logge GOI erano dislocate all’estero. La difficoltà dei collegamenti tra la madrepatria e le colonie impediva il tempestivo aggiornamento del registro generale, per cui si approfittava della prima occasione in cui ‘i venerabili [erano] in visita a Roma [quando] si facevano consegnare dei diplomi che poi avrebbero dato agli affiliati nelle loro aree di riferimento’”.

 

Una spiegazione che però non convince la Commissione, che invece sottolinea un dato obiettivo: “Gli spazi bianchi di cui ha riferito il prof. Mola sono rimasti tali sino ai nostri giorni. Non vi è stata, infatti, neanche successivamente all’iscrizione una cura scrupolosa della tenuta dei registri, il che appare dato di estremo significato che dimostra non una tradizionale disattenzione per tale profilo, quanto piuttosto una precisa e consapevole scelta da parte del GOI in tal senso”.

Il professor Mola però, oltre ai registri del Grande Oriente, racconta di avere avuto occasione di consultare anche quelli della Gran Loggia d’Italia: 28 mila affiliati. Ma qui la ricerca è stata parziale, visto che “la serie dei registri, purtroppo, è incompleta , perché ne mancano alcuni che – ha aggiunto – credo siano perduti per sempre”.

In certi registri di cento anni fa, compare una scritta: “segreto”. Che si fa sempre più frequente, soprattutto dopo il 1923, “quando le iniziazioni continuano ad essere cospicue malgrado la persecuzione”.

 

Era il periodo in cui la massoneria era stata messa al bando dal fascismo, ma la cosa non scoraggiava le affiliazioni. “Venivano cooptate figure autorevolissime quali generali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza e altre figure di spicco”, ha affermato il professor Mola che, nella stessa audizione ha tenuto a precisare anche come il termine “massoneria” non sia tutelato: “Chiunque  può auto-attribuirselo, moltiplicando le sigle, le quali a volte sono a copertura di situazioni probabilmente aberranti”.

Ecco perché, ha suggerito di assumere le necessarie iniziative per garantire il cosiddetto marchio, proprio come si fa in qualsiasi organizzazione di esercizio pubblico. Questo per evitare che gruppi di sedicenti massoni possano essere considerati al pari di un’organizzazione massonica regolare.

Insomma, una realtà pericolosa, fatta di persone che, aggiunge Mola, “si auto-identificano, si auto-inventano e rastrellano qualche affiliato, magari operando al limite o al di fuori della legislazione del Paese”.

 

Sulle comunità massoniche regolarmente costituite, si è invece espresso così: “Non ci sono molti segreti, perché le liste degli appartenenti alle logge vengono rese note alle autorità di pubblica sicurezza”. Una posizione che la Commissione ha considerato esageratamente ottimistica e che, si legge ancora nella relazione “appare smentita dalla realtà dei fatti e ciò non solo con riferimento al rifiuto di esibizione spontanea degli elenchi opposto nella trascorsa legislatura a questa Commissione – che si ricorda procede con gli stessi poteri e limitazioni dell’autorità giudiziaria – ma anche in relazione a quanto accertato nella missione svolta di recente da questa Commissione a Trapani, in occasione della quale l’assoluta maggioranza dei Maestri Venerabili interpellati ha ammesso di non consegnare alla questura le liste degli aderenti alle proprie logge, adducendo chi ragioni di privacy e chi l’assenza di un obbligo di legge o di direttiva interna”.

 

Aggiungiamo che questo spiegherebbe perché alcuni nomi di persone conosciute come massoni, o che hanno dichiarato pubblicamente la loro appartenenza alla massoneria, non si trovarono negli elenchi di qualche anno fa, consegnati a chi stava conducendo le relative indagini.

 

Egidio Morici