Il ricorso di Venuti e le liti nel Pd della provincia di Trapani
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E’ esploso il Partito Democratico in provincia di Trapani ma su un aspetto sono tutti concordi: è nella piena facoltà di Domenico Venuti presentare ricorso contro l’elezione di Dario Safina e che la discussione avvenga, sulla legittimità dello stesso, nelle aule deputate.
Poi c'è un altro aspetto, quello politico e delle opportunità. Qualche settimana fa si era tenuto un direttivo provinciale di partito, la linea che ne era venuta fuori era unitaria (almeno di facciata), non si è parlato, dicono i presenti, di alcun tipo di ricorso, non se n'è fatto cenno minimante.
Eppure la materia elettorale è complicata, una delle più difficili, gli avvocati che se ne occupano sono in pochi e un ricorso necessita studio per la sua formulazione. Quindi appare evidente che in quel direttivo il ricorso era imbastito, se non addirittura presentato.
Nessun cenno, sta anche quello alla piena libertà delle persone di condividere ciò che si vuole ma Venuti non è l'ultimo degli iscritti: è il segretario provinciale dei dem, parla a nome di una comunità, oppure oggi alla luce dei fatti c’è uno sdoppiamento tra il Venuti ex candidato e il Venuti segretario.
Due ruoli che mal possono essere giostrati quando in bilico c’è l’equilibrio di un partito. I vizi del ricorso sarebbero tutti indicati in due cavilli: Safina al momento della candidatura era ancora consulente del Comune di Trapani ed era anche presidente del circolo tennis, che ha all’attivo circa 250 iscritti.
E’ esplosa la questione già nello stesso momento in cui la notizia è stata data alla stampa ma ancor di più quando, l’indomani, è stata azzerata la segreteria provinciale del Pd, sempre per mano del segretario Venuti.
La tempistica non aiuta a placare gli animi, nel partito c’è chi parla di assoluta malafede di Venuti, queste faccende dovrebbero rimanere interne ad una discussione di partito ma il Pd è quello delle faide, dei veti incrociati, degli sgambetti e dei riposizionamenti.
Una cosa appare chiara: l’asse che durante le elezioni si era venuto a creare ha di fatto isolato proprio Venuti, che difficilmente troverebbe spazio anche per le future provinciali.
In questo clima rovente si susseguono i comunicati, inizia il tifo da stadio e il partito va alla deriva.
E’ intervenuto Camillo Oddo, che di politica ne mastica tanto: "Sottolineo in premessa, ed a scanso di equivoci, che la decisione di Domenico Venuti di far valere le sue ragioni, innanzi al Giudice civile, rispetto all'esito del voto all'Ars è legittima. Forse discutibile, ma è un giudizio opinabile. Ci si può iscrivere alle “tifoserie” che si vanno formando ma sarà comunque un tribunale a decidere. Ma Domenico Venuti è anche il segretario provinciale del Partito Democratico ed è un dato che non può essere eluso. Una condizione che rischia di devastare una forza politica che è impegnata in una delicata fase congressuale e che con l'attuale contenzioso in atto rischia d'infrangersi in uno scontro che nulla ha a che fare con i temi in discussione”.
Oddo si sposta sulla decisione di Venuti di azzerare il provinciale: “L’azzeramento della segreteria, anticipando le dimissioni di alcuni suoi componenti, è un ulteriore atto politico che aggrava la situazione. Non si possono mischiare e strumentalizzare legittime aspettative personali con le ragioni di un partito. Non si può utilizzare la carica di segretario come scudo per difendersi dalle altrettanto legittime reazioni al ricorso presentato contro l'on. Dario Safina per presunte causa d'ineleggibilità. Senso di responsabilità ed onestà intellettuale dovevano consentire un altro percorso. Innanzitutto quello del confronto in sede di definizione delle liste, che doveva essere seguito da un coinvolgimento del partito ed in particolare della segreteria e da un indispensabile bon ton politico nei confronti dello stesso Safina, per concludersi con una riflessione profonda e con l'atto conseguente, alla scelta di presentare il ricorso, delle dimissioni dalla carica di segretario”.
Viene centrato il punto, la questione è insomma politica e anche di metodo, perché la composizione delle liste passa sempre da molti adempimenti e alcuni di questi riguardano proprio l’ammissibilità delle candidature, Venuti così come la provincia intera era a conoscenza degli incarichi di Safina, che non sono stati rilevati come impedimento alla candidatura.
Camillo Oddo poi parla di come la successiva fase possa essere condizionata pesantemente: "E' lampante, infatti, che una scelta del genere altera il dibattito congressuale condizionandolo pesantemente. Mi permetto, pertanto, di suggerire al segretario Venuti un surplus d'esame della situazione. Lo faccio da dirigente politico che conosce queste dinamiche, che le ha vissute personalmente ma con una impostazione politica ben diversa. In quel caso vi fu una discussione preliminare ed il problema dell'ineleggibilità fu posto all'attenzione degli organismi dirigenti.
Dopo le elezioni, di fronte alle ripetute chiusure, venne data libertà d'azione – ognuno di noi, nella vita, si assume le proprie responsabilità – e da parte mia vi fu una decisione consapevole e ritengo doverosa di permettere ad un elettore di adire al Giudice civile, nel contempo comunque annunciai le mie dimissioni da segretario provinciale mettendomi a disposizione del partito per eleggere il nuovo vertice. Andando oltre la differenza abissale rispetto alle cause d'ineleggibilità poste da Venuti– le vicende non sono comparabili come qualcuno sta provando a fare per creare solo confusione – è necessario affermare e rimarcare che si tratta di una questione di regole. Ed un partito vive di regole”.
Infine l’appello a fare un passo indietro nell’unico interesse della comunità dei dem: “Non può essere assecondata una visione personalistica del Pd, non possono esserci uomini soli al comando che si muovono per esclusivo interesse di parte. Deve essere fermato il tentativo di balcanizzare il partito. E' una deriva che non possiamo permetterci. C'è infine un ulteriore elemento politico che emerge in queste ore: la linea unitaria che ha portato all'elezione di Venuti non esiste più. Le basi organizzative e politiche che hanno portato alla sua elezione sono assolutamente superate. Un dirigente di partito che ha a cuore le sorti della forza politica che rappresenta non può che prenderne atto. Altrimenti rischia di porsi come un macigno in un momento della vita del partito che richiede unità e chiarezza”.
E di uso strumentale del partito parlano anche Marzia Patti, Marco Campagna, Francesco Crinelli, tutti e tre ex componenti della segreteria provinciale: “Restiamo sbalorditi dalla notizia diffusa sulla stampa locale del ricorso presentato dal Segretario Venuti per una presunta ineleggibilità dell’On. Safina e prendiamo le distanze dalla scelta e dal modus operandi di Domenico Venuti. Quali ex membri della Segreteria Provinciale - visto che casualmente il Segretario ha anche azzerato la sua Segreteria- sentiamo il dovere, davanti alle iscritte e agli iscritti del PD, di stigmatizzare la scelta del segretario provinciale che apre senza alcun dubbio un problema politico sulla tanto ricercata unità, pur nella legittimità di difesa dei propri diritti ove ritenuti lesi…È strumentale che la presunta ineleggibilità di Safina venga eccepita proprio dal Segretario provinciale che ha depositato la lista dinanzi ai nostri rappresentanti regionali e che, pertanto, ha fornito, nella sua qualità, garanzie circa la candidabilità, l'eleggibilità e i requisiti dei candidati. Avrebbe dovuto, piuttosto, rassegnare le proprie dimissioni, spiegando i motivi della sua scelta e rappresentando alla segreteria tutta la necessità di voler approfondire la questione in sede legale, lasciando che la giustizia ordinaria facesse chiarezza sul punto ma mettendo il partito al riparo da vicende personali”.
Infine i tre ne chiedono le dimissioni: “Appare doveroso da parte nostra, alla luce di ripetute scelte personali non condivise, chiedere le dimissioni di Venuti, riconoscendo il venir meno delle condizioni che hanno portato alla sua elezione a segretario provinciale ed il fallimento di un’azione politica nata in maniera collegiale e conclusasi in modo assolutamente autoreferenziale. L’azzeramento della segreteria provinciale, avvenuto proprio all’indomani della notizia del ricorso contro Dario Safina con un semplice comunicato e senza alcuna riunione, è la conferma della volontà di Venuti di fare terra bruciata e di accentrare sulla sua persona la vita dell’intera Federazione Provinciale. Pertanto, consapevoli dell’impossibilità di lavorare in queste condizioni per il bene della nostra comunità politica, chiediamo ai membri dell’Assemblea Provinciale ed alla Presidente Villabuona di prendere le iniziative consequenziali, convocando urgentemente l’assemblea provinciale, e mettendo in discussione i rispettivi ruoli”.
La presidente Valentina Villabuona non è entrata ancora nel dibattito in essere e con molta probabilità non lo farà, pare però che gli organi regionali si stiano muovendo in tal senso.
Un comunicato a favore di Venuti c’è, è quello di Francesco Brillante, non a caso arriva dopo mesi di lungo silenzio e solo per sposare una tesi che nessuno ha attaccato o messo in discussione: cioè far decidere al Giudice la sussistenza di vizi che inficiano l’eleggibilità di Safina. Scontato. Nemmeno chi chiede le dimissioni di Venuti mette in discussione questo concetto e questa prerogativa che attiene all’esercizio dei diritti , tuttavia Venuti è anche il segretario del Pd, quindi di una comunità, però sta tutelando, a ragione, diritti personali.
Brillante poi va oltre: “Al segretario provinciale, tra l’altro candidato, non riconosco alcun ruolo di garante della lista, men che meno di garante di altre candidature al di fuori della propria. Il ruolo è invece della direzione regionale, di cui lo scrivente, Venuti, ed anche l’onorevole Safina, siamo componenti e che ha approvato le candidature, e anche di più: ha approvato di rassegnare al segretario regionale l’onere di definire la lista stessa”.
Allora il segretario provinciale a cosa serve? E togli un ruolo, togline un altro, snaturalo di qua e un pò di lì, alla fine viene meno pure il ruolo.
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