Il ricorso di Venuti, interviene Camillo Oddo
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Senso di responsabilità ed onestà intellettuale sono e devono essere elementi fondamentali di una comunità politica. Quello che è accaduto in questi giorni e che continuaù a riverberarsi ancora oggi impone – ci impone – di concretizzarli aggiungendo equilibrio nelle parole e nelle scelte.
Sottolineo in premessa, ed a scanso di equivoci, che la decisione di Domenico Venuti di far valere le sue ragioni, innanzi al Giudice civile, rispetto all'esito del voto all'Ars sono legittime. Forse discutibili, ma è un giudizio opinabile.
Ci si può iscrivere alle “tifoserie” che si vanno formando ma sarà comunque un tribunale a decidere. Ma Domenico Venuti è anche il segretario provinciale del Partito Democratico ed è un dato che non può essere eluso. Una condizione che rischia di devastare una forza politica che è impegnata in una delicata fase congressuale e che con l'attuale contenzioso in atto rischia d'infrangersi in uno scontro che nulla ha a che fare con i temi in discussione.
L'azzeramento della segreteria, anticipando le dimissioni di alcuni suoi componenti, è un ulteriore atto politico che aggrava la situazione. Non si possono mischiare e strumentalizzare legittime aspettative personali con le ragioni di un partito.
Non si può utilizzare la carica di segretario come scudo per difendersi dalle altrettanto legittime reazioni al ricorso presentato contro l'on. Dario Safina per presunte causa d'ineleggibilità. Senso di responsabilità ed onestà intellettuale dovevano consentire un altro percorso.
Innanzitutto quello del confronto in sede di definizione delle liste, che doveva essere seguito da un coinvolgimento del partito ed in particolare della segreteria e da un indispensabile bon ton politico nei confronti dello stesso Safina, per concludersi con una riflessione profonda e con l'atto conseguente, alla scelta di presentare il ricorso, delle dimissioni dalla carica di segretario.
E' lampante, infatti, che una scelta del genere altera il dibattito congressuale condizionandolo pesantemente. Mi permetto, pertanto, di suggeriire al segretario Venuti un surplus d'esame della situazione. Lo faccio da dirigente politico che conosce queste dinamiche, che le ha vissute personalmente ma con una impostazione politica ben diversa. In quel caso vi fu una discussionepreliminare ed il problema dell'ineleggibilità fu posto all'attenzione degli organismi dirigenti. Dopo le elezioni, di fronte alle ripetute chiusure, venne data libertà d'azione – ognuno di noi, nella vita, si assume le proprie responsabilità – e da parte mia vi fu una decisione consapevole e ritengo doverosa di permettere ad un elettore di adire al Giudice civile, nel contempo comunque annunciai le mie dimissioni da segretario provinciale mettendomi a disposizione del partito per eleggere il nuovo vertice. Andando oltre la differenza abissale rispetto alle cause d'ineleggibilità poste da Venuti– le vicende non sono comparabili come qualcuno sta provando a fare per creare solo confusione – è necessario affermare e rimarcare che si tratta di una questione di regole. Ed un partito vive di regole.
Non può essere assecondata una visione personalistica del Pd, non possono esserci uomini soli al comando che si muovono per esclusivo interesse di parte. Deve essere fermato il tentativo di balcanizzare il partito. E' una deriva che non possiamo permetterci. C'è infine unulteriore elemento politico che emerge in queste ore: la linea unitaria che ha portato all'elezione di Venuti non esiste più. Le basi organizzative e politiche che hanno portato allasua elezione sono assolutamente superate. Un dirigente di partito che ha a cuore le sortidella forza politica che rappresenta non può che prenderne atto. Altrimenti rischia di porsi come un macigno in un momento della vita del partito che richiede unità e chiarezza.
Trapani lì, 21 novembre 2022
Camillo Oddo
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