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31/01/2023 06:00:00

La rete di Messina Denaro. Anche l’ex amante del boss tra gli indagati

Come previsto si allunga la lista degli indagati nell’inchiesta sui favoreggiatori di Matteo Messina Denaro.

Maria Mesi, ex amante del boss Matteo Messina Denaro, e Francesco Mesi, i fratelli già condannati nei primi anni 2000 per il favoreggiamento del boss Matteo Messina Denaro, sarebbero nuovamente iscritti nel registro degli indagati con l'accusa di aver favorito la latitanza del capomafia arrestato il 16 gennaio scorso.

Ieri, i carabinieri del Ros hanno perquisito le loro abitazioni e di Aspra, nel Palermitano, una casa di campagna e la torrefazione gestita dalla famiglia Mesi.
Gli inquirenti avrebbero sequestrato i cellulari e i pc dei due fratelli.
Maria Mesi venne arrestata a giugno del 2000. Gli inquirenti erano certi che la donna incontrasse il boss in un appartamento di Aspra, nel palermitano. Nel nascondiglio vennero trovate tracce del capomafia: una consolle Nintendo, un foulard di Hermes. La casa venne tenuta sotto controllo per un mese, ma qualcuno avvertì il capomafia ricercato che smise di andarci. La Mesi venne condannata in primo e secondo grado per favoreggiamento aggravato alla mafia. La Cassazione annullò parzialmente il verdetto, sostenendo che il rapporto sentimentale che la legava a Messina Denaro fosse incompatibile con l’agevolazione dell’associazione mafiosa.


La storia tra i due risaliva al 1997, quando la giovane Maria lavorava in una piccola azienda di commercializzazione di pesce di proprietà della famiglia Guttadauro, imparentati con Messina Denaro. Una relazione ‘vera’, i due si scambiavano regali e messaggi d’amore: lettere poi trovate a casa di Filippo Guttadauro, il cognato di Messina Denaro, ‘postino’ dei due amanti.

 

 


Con le perquisizioni delle abitazioni degli antichi favoreggiatori, gli investigatori proseguono dunque nel tentativo di ricostruire la lunga latitanza del padrino. In cella sono già finiti Andrea Bonafede, il geometra di Campobello di Mazara che gli ha prestato l’identità, e Giovanni Luppino, l’incensurato che ha accompagnato il boss alla clinica Maddalena nel giorno dell’arresto. Uno accusato di associazione mafiosa, l’altro, come i Mesi, di favoreggiamento. I nomi dei fratelli Mesi sono gli ultimi a finire nella lista degli indagati nell’inchiesta sui favoreggiatori della latitanza del boss arrestato il 16 gennaio scorso. Gli investigatori stanno seguendo le tracce a ritroso, a partire dall’ultimo covo utilizzato da Messina Denaro, raccogliendo indizi e spulciando documenti. In quell’abitazione, ad esempio, sono stati trovate altre 5 carte d’identità che sarebbero state utilizzate dal boss almeno negli ultimi 15 anni. C’è da capire se le persone a cui erano intestati i doumenti fossero consapevoli dell’utilizzo della loro identità da parte del boss.

 

Non c’era quindi soltanto Andrea Bonafede, arrestato con l’accusa i associazione mafiosa, per aver ceduto l’identità al boss. Si indaga su due filoni, principalmente, per ricostruire la rete dei favoreggiatori. Uno legato alle condizioni di salute di Messina Denaro, quindi cercando di capire, ad esempio, le responsabilità dei medici che lo hanno assistito in questi ultimi due anni. A partire da Alfonso Tumbarello, il medico ex massone, che firmava le ricette ad Andrea Bonafede e che poi venivano utilizzate da Messina Denaro. Tumbarello dice di essere stato ingannato dal bero Bonafede. Poi c’è la pista delle donne. Nei giorni scorsi gli investigatori avrebbero trovato indizi su due donne che avrebbero frequentato il boss, e perquisito le loro abitazioni. Ma poi c’è stata una donna che è andata in caserma dai carabinieri a raccontare di aver avuto una relazione con Messina Denaro, ma non sapeva chi fosse.

 

 


Le relazioni di Messina Denaro pare siano state molto frequenti in questi anni, nonostante la latitanza. Ma nelle ultime ore gli investigatori si sono concentrati su Maria Mesi, una vecchia fiamma del boss, che si suppone non abbia mai smesso di pensare.