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01/11/2023 06:00:00

L'inchiesta sulla mafia in Lombardia. Quei summit dei siciliani per parlare di superbonus .... 

 Nel periodo compreso tra febbraio e maggio 2021, si sono tenuti due incontri a Terrasini, uno a Palermo e due a Campobello di Mazara. Partecipano siciliani che, pur vivendo in Lombardia, facevano frequenti ritorni nella loro terra d'origine. La Procura ha cercato di arrestarli, ma la richiesta è stata respinta dal giudice per le indagini preliminari, che non ha condiviso l'accusa secondo cui Cosa Nostra, Camorra e 'ndrangheta avrebbero stretto un'alleanza per gli affari. Su 153 richieste di arresto, solo undici sono state accolte. Gli altri indagati restano liberi. E' uno dei risvolti dell'operazione antimafia "Hydra".

Nel corso degli incontri a Terrasini e in provincia di Trapani è emersa la presenza dell'avvocato Antonio Messina,  considerato legato alla famiglia di Matteo Messina Denaro.  L'appuntamento del 2 febbraio di due anni fa a Palermo ha attirato l'attenzione investigativa perché si è parlato di affari. Stefano e Giuseppe Fidanzati, zio e nipote, insieme ad altri, si sono dati appuntamento in uno studio di architettura nel centro di Palermo. Secondo i carabinieri, si è discusso del superbonus 110% per le ristrutturazioni edilizie. Le indagini si concentrano sugli affari gestiti attraverso una rete di società con base operativa a Milano, controllate dalle famiglie siciliane, calabresi e campane.

Gli investigatori ritengono che Gioacchino Amato, con l'approvazione dei Fidanzati, abbia incaricato Pietro Mannino di operare nel settore edile. Si fa riferimento a un "architetto" e a una società che sarà dedicata all'immobiliare. Le operazioni saranno finanziate con i proventi di diverse regioni, in modo da non destare sospetti. Tuttavia, Mannino non ha soddisfatto le aspettative e ciò ha creato tensioni e preoccupazioni per gli investitori.

Giuseppe Fidanzati è figlio di Gaetano, boss deceduto del rione Acquasanta di Palermo, ed ha scontato una lunga condanna per droga.

L'avvocato Antonio Messina, massone, è stato condannato per traffico internazionale di droga. Dopo l'arresto di Messina Denaro, le sue abitazioni sono state perquisite. 

Nei loro dialoghi, Fidanzati e Messina facevano riferimento ad un “ragazzo” di Castelvetrano, identificato in Francesco Guttadauro, nipote di Matteo Messina Denaro. In particolare, Fidanzati ricordava di un incontro avvenuto alla stazione di Trapani con “Iddu” (lui ndr) che si era fatto accompagnare a bordo di una Mercedes da un certo “Mimmu”. Non è chiaro se “Iddu” sia riferito a Guttadauro o, come invece sospettarono gli investigatori, a Messina Denaro.

"Il boss di Cosa Nostra avrebbe avuto un interesse diretto "negli ingenti affari finanziari realizzati in Lombardia dal sistema mafioso lombardo", evidenzia il pm della Dda di Milano Alessandra Cerreti nel ricorso al Tribunale del Riesame, presentato dopo che il gip Tommaso Perna ha bocciato 142 delle 153 misure cautelari richieste dalla Procura, non riconoscendo l’esistenza della ipotizzata alleanza tra Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra.

La figura dell’ex superlatitante spunta in diversi passaggi delle 1.121 pagine dell’atto di appello su un gruppo criminale che, secondo gli investigatori, esercita "sul territorio tutte le condotte tipiche delle associazioni mafiose". Non una "eccentrica novità nel panorama mafioso milanese" (il pm precisa di non aver "mai sostenuto trattarsi di una super associazione mafiosa") ma un "consorzio" tra gruppi criminali già emerso in indagini degli anni ’90.

I collegamenti con le "case madri" nel Sud Italia sono dimostrati da svariate intercettazioni, tra cui le frasi pronunciate da uno degli indagati, Gioacchino Amico: "Abbiamo costruito un impero e ci siamo fatti autorizzare tutto da Milano passando dalla Calabria, da Napoli, ovunque". Secondo la Procura il gip, nel rigettare la maggior parte delle misure richieste, "non ha considerato l’evoluzione mafiosa così per come dimostrata giudizialmente in numerosi contesti investigativi, primo fra tutti proprio l’inchiesta Infinito", la maxi-operazione contro la ’ndrangheta in Lombardia.

"Ignorare tale processo evolutivo e relegare la manifestazione mafiosa di permeazione del tessuto economico alla presenza o meno di attività violente – è uno dei duri passaggi del ricorso – vale una retrocessione trentennale nell’evoluzione giudiziaria ed investigativa".