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30/11/2023 07:00:00

L’agenda rossa di Borsellino ce l’aveva la funzionaria della presidenza del consiglio?

 L’agenda rossa del giudice Paolo Borsellino, introvabile dal 19 luglio 1992 (il giorno della strage), sarebbe stata per anni nella disponibilità della moglie e di una delle figlie di Arnaldo La Barbera.

E’ quanto ipotizzato dalla Procura di Caltanissetta, che ha messo sotto indagine la moglie del capo della squadra mobile morto nel 2002, Angiola e la figlia Serena La Barbera, per il reato di ricettazione aggravata dal favoreggiamento alla mafia. Quest’ultima sarebbe anche funzionaria della presidenza del consiglio che si occupa di sicurezza nazionale.

 

L’indagine sarebbe originata dalle dichiarazioni di un amico di famiglia dei La Barbera, che ai pm nisseni avrebbe raccontato di questa misteriosa custodia. E di quando, nel 2018, una terza persona gli avrebbe proposto di tenerla lui, dal momento che la famiglia voleva sistemarla da un’altra parte. Proposta che il testimone, le cui generalità sono tenute segrete, avrebbe rifiutato.

 

Le cose, come ha scritto anche il Fatto Quotidiano e Antimafia Duemila, sarebbero andate così: Giovanni Arcangioli (l’allora capitano dei carabinieri, fotografato sul luogo della strage con la borsa in mano), sarebbe stato stoppato dal funzionario di Polizia sentito dai pm, che si sarebbe fatto dare la borsa e l’avrebbe consegnata ad un suo superiore. Da lì sarebbe poi arrivata ad Arnaldo La Barbera.

 

Arnaldo la Barbera è ritenuto dalle sentenze il regista del depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio e nei mesi scorsi le abitazioni dei suoi familiari sono state perquisite dai carabinieri del Ros. Ma dell’agenda rossa non ci sarebbe traccia.

Dopo più di 30 anni, sembra si aggiunga mistero al mistero. A tanti è parso inquietante che chi si occupa di sicurezza nazionale presso il governo, possa anche essere sospettata di aver nascosto per anni l’agenda rossa del giudice Borsellino.

Non si è fatto attendere il commento di Salvatore Borsellino, fratello del giudice morto in via D’Amelio, che ha considerato la vicenda come un ulteriore depistaggio, considerando “impensabile che un carabiniere possa aver consegnato la borsa a un funzionario di polizia”.