Infrastrutture in provincia di Trapani, cos’è cambiato dal 1970 ad oggi?
Lo spunto ce lo dà una pubblicazione ufficiale della Provincia di Trapani del 1970, che celebrava l’inizio dei lavori per la “poderosa arteria” Mazara – Punta Raisi, oggi nota semplicemente come Mazara – Palermo. Un’autostrada che, nelle intenzioni, doveva segnare la rinascita del Belice terremotato, rilanciare il turismo, l’economia agricola, industriale e persino i rapporti con l’Africa grazie a un ipotetico metanodotto. Il tutto, naturalmente, con tre stazioni di servizio, dodici svincoli, un collegamento diretto col porto di Mazara e l’aeroporto di Trapani-Birgi, e uno sguardo rivolto “al cuore dell’Europa”.
Cinquant’anni dopo, possiamo serenamente dire che non è andata proprio così.

La Mazara-Punta Raisi è diventata una normale autostrada a una corsia per senso di marcia, priva di colonnine SOS e, ancora oggi, senza un’area di servizio. L’idea di un’infrastruttura “tra le più moderne d’Europa”, come veniva descritta nel 1970, è rimasta sulla carta. Come pure la promessa di una “Mediterranea” da Siracusa a Mazara, che doveva congiungere la Sicilia al Mediterraneo e all’intero mondo globalizzato — parola allora ancora sconosciuta, ma già nell’aria.
La galleria di Segesta, nel frattempo, è diventata un monumento all’eternità dei cantieri: dieci anni di lavori e ancora non se ne vede la fine. Il collegamento autostradale tra Mazara e l’aeroporto di Birgi è stato immaginato così tante volte che meriterebbe una fiction in prima serata. E la linea ferroviaria Palermo – Trapani via Milo è oggi un’opera strategica… in rifacimento. I lavori sono in corso, ma per tornare a viaggiare in treno tra le due città bisognerà avere ancora un po’ di pazienza. O un drone.
Eppure, nel 1970, il tono era trionfale. L’autostrada era descritta come il motore di un “rilancio economico e sociale” del Belice, con epicentro a Mazara del Vallo. Addirittura si immaginava un collegamento diretto tra il porto di Mazara e Kelibia, in Tunisia, via traghetto. La zona doveva trasformarsi in un hub industriale del metano africano, con tanto di poli chimici, produzione di fertilizzanti, fibre sintetiche, materie plastiche. Il gas, si legge, sarebbe arrivato dal deserto algerino.
Insomma, tra il 1970 e oggi è cambiato molto. Ma l’infrastruttura, quella no. L’unica cosa rimasta immutata è il tono speranzoso con cui ogni tanto si rilancia un nuovo progetto. Magari per completare l’anello autostradale, o per velocizzare i collegamenti con l’aeroporto, o per collegare meglio Trapani a Palermo via ferrovia. Di sicuro ci saranno altre pubblicazioni entusiastiche. L’importante è che non debbano leggerle, un giorno, i nostri nipoti nel 2070.