Un piano inquietante, maturato tra i social e le ricerche online, che ha coinvolto due giovani radicalizzati tra Palermo e Castelvetrano. Due ragazzi — uno di 21 anni, cittadino italiano di origini bengalesi residente a Palermo, e l’altro di 18 anni, cittadino bengalese residente a Castelvetrano — sono stati fermati nei giorni scorsi dalla Polizia di Stato con l’accusa di apologia e istigazione a delitti con finalità di terrorismo.
Ma ciò che ha colpito gli investigatori è soprattutto un dettaglio: i due utilizzavano ChatGPT per studiare come colpire, cercando persino frasi come “dove colpire una persona per paralizzarla”. L’intelligenza artificiale trasformata in manuale per aspiranti jihadisti.
“La Sicilia tornerà emirato islamico”
I due, secondo le indagini coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Palermo, diffondevano immagini, testi, video e frasi inneggianti allo Stato Islamico, al martirio e alla guerra santa. Frasi come “La mia morte non è (forse) una sola volta nella mia vita? Perché non dovrebbe essere sigillata dal mio martirio?” o “La Sicilia tornerà a essere emirato islamico” venivano postate sistematicamente, in arabo o in bangladese, su social e piattaforme criptate.
Tra i contenuti pubblicati anche immagini di Osama Bin Laden, video dell’attacco del 7 ottobre, nasheed jihadisti, frasi di odio contro l’Occidente e minacce esplicite contro Israele e gli Stati Uniti, presentati come “colpevoli del sangue versato a Gaza”.
L’intelligenza artificiale al servizio della jihad
A rendere ancora più allarmante il profilo dei due indagati è l’uso dell’intelligenza artificiale: dagli smartphone sequestrati è emerso che i due interrogavano ChatGPT per scopi violenti, cercando informazioni anatomiche e strategie di attacco, mentre su altri canali si scambiavano materiale d’addestramento jihadista, tra cui testi, audio e video su tecniche di combattimento, armi e propaganda.
Uno dei due risultava iscritto a un canale privato con il nickname “Osama Bin”, nel quale venivano diffusi contenuti per la formazione di combattenti.
Le indagini e i fermi
L’indagine, coordinata dalla Digos di Palermo, con la collaborazione del Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica della Sicilia Occidentale e dell’AISI, è partita a marzo 2025 grazie a una segnalazione di radicalizzazione attiva online. Gli investigatori hanno monitorato per settimane la rete, fino a ricostruire un quadro inquietante di propaganda estremista.
Il 6 maggio è scattato il blitz: i due sono stati fermati e, dopo l’udienza di convalida, il gip ha disposto per entrambi gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, sottolineando il pericolo concreto che potessero completare il percorso di radicalizzazione e passare all’azione.
L’uso improprio dell’IA e le falle del sistema
L’inchiesta rilancia il dibattito sul potenziale uso distorto dell’intelligenza artificiale, che — pur dotata di filtri e restrizioni — può ancora essere aggirata da utenti malintenzionati. Un episodio che, sebbene isolato, solleva interrogativi sulla necessità di maggiori controlli, anche nei confronti di strumenti digitali apparentemente neutri, ma che nelle mani sbagliate possono diventare strumenti di violenza e radicalizzazione.
Il caso del giovane di Castelvetrano, che con un click voleva organizzare la jihad, dimostra che l’estremismo oggi corre sul web, ma sa adattarsi alle nuove tecnologie. E che la sfida non è solo repressiva, ma anche culturale e preventiva.