Arrivano le decisioni della Corte d’Appello di Palermo sul processo alla rete di spaccio della cosiddetta “Trapani bene”. La terza sezione della Corte, presieduta dal giudice Sergio Gulotta, ha parzialmente modificato le pene inflitte in primo grado, riducendo alcune delle condanne ma confermando la struttura dell’organizzazione e la gravità delle accuse.
Massimiliano Voi, il “capo”, condannato a 26 anni
Il perno del gruppo era Massimiliano Voi, condannato in primo grado a 30 anni di carcere. In appello, la sua pena è stata ridotta a 26 anni, ma resta il riconoscimento del suo ruolo apicale nel traffico di cocaina e hashish che coinvolgeva professionisti, imprenditori e notabili cittadini.
La rete: dalla Calabria ai locali della movida
L’inchiesta, condotta dalla Squadra Mobile di Trapani e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, aveva svelato già nel 2014 una rete ben organizzata. La droga arrivava dalla Calabria e dalla Campania grazie a contatti diretti con i fornitori, come il campano Luigi Parolisi, anch’egli condannato. L’organizzazione disponeva di un deposito in via Niso, punto nevralgico per lo stoccaggio e lo spaccio.
Tra i condannati anche Mariano Galia (in primo grado a 21 anni e 4 mesi), Annibale Baiata (22 anni e 2 mesi), e Giuseppe Rinaudo, autista “di fiducia” dei due capi, che in primo grado aveva ricevuto 10 anni.
Le condanne ridotte
In appello, oltre alla riduzione per Voi, sono state riviste le posizioni di alcuni imputati. Il quadro complessivo resta però pesante: la Corte ha ribadito la sussistenza dell’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio, confermando il carattere sistematico e strutturato dell’attività criminosa.
Un processo simbolo
Il processo ha assunto nel tempo una valenza simbolica, anche mediatica, per il profilo degli acquirenti e per il radicamento sociale degli imputati. Una “mafia bianca” della droga, fatta di insospettabili e locali di tendenza, in cui la cocaina scorreva come normalità.