A Trapani si è chiusa la requisitoria del pubblico ministero Sara Morri nel processo nato dall’operazione “Phimes”, che ha fatto emergere gravi irregolarità nella gestione dei parcheggi dell’area archeologica di Segesta. Il magistrato ha depositato una corposa memoria di oltre 500 pagine, chiedendo pene significative per gli otto imputati coinvolti nello scandalo.
Al centro dell’indagine, l’imprenditore Francesco Isca, indicato come il principale artefice di un sistema opaco per la gestione monopolistica dei parcheggi a ridosso del Parco. Per lui, la Procura ha chiesto una condanna a otto anni di reclusione. Altri imputati sono l’ex sindaco di Calatafimi Vito Sciortino, per cui si chiede una pena di tre anni, e diversi ex membri del comando di Polizia Urbana: Giorgio Collura (nove mesi), Salvatore Craparotta (otto anni e sei mesi), Leonardo Accardo e Vito Accardo (tre anni ciascuno). Infine, per Giuseppe Ferrara e Maria Giusy Craparotta – considerati prestanome di Isca nella gestione del parcheggio “Archeodromo” – il pm ha chiesto due anni a testa.
Secondo l’accusa, tutti gli imputati avrebbero collaborato, con ruoli differenti, per garantire a Isca un monopolio di fatto nella gestione dei parcheggi a pagamento, a scapito del parcheggio pubblico gratuito che era da sempre a disposizione dei visitatori del sito archeologico. La chiusura di quest’ultimo, disposta con un atto non protocollato e privo di fondamento giuridico dall’ex sindaco Sciortino, avrebbe favorito l’attività di Isca. Un provvedimento che – come evidenziato dalla Procura – risulta ancor più grave considerando che l’area in questione è di competenza regionale e non comunale.
I vigili urbani coinvolti, inoltre, avrebbero agito in modo coordinato per scoraggiare i visitatori dal parcheggiare lungo la strada provinciale S.R. 22, elevando multe sistematicamente e, in alcuni casi, ottenendo vantaggi personali come l’assunzione di parenti nella struttura gestita da Isca.
Fondamentale per l’apertura dell’inchiesta è stata la denuncia della Società Geografica Siciliana, da tempo attiva nella tutela del patrimonio storico e archeologico dell’isola. “Durante una visita al tempio con studiosi tedeschi – racconta il presidente Massimo Mirabella – siamo stati allontanati da un uomo in borghese che ci ha impedito di accedere al parcheggio gratuito, obbligandoci a utilizzare quello privato di Isca. Da lì è partita la nostra segnalazione.” L’associazione, rappresentata in aula dall’avvocato Carmelo Lo Bello, è l’unica parte civile nel processo.
Il centro studi ha già annunciato l’intenzione di destinare eventuali risarcimenti a progetti di valorizzazione e promozione del Parco archeologico, in collaborazione con la direzione attuale guidata da Luigi Biondo.
La sentenza è attesa per il prossimo 4 luglio, data in cui il Tribunale di Trapani stabilirà se le accuse reggeranno in giudizio e se l’immagine del Parco di Segesta potrà iniziare un percorso di riscatto dopo anni di ombre.