Trapani alza la voce per Gaza. L'appello del sindaco Tranchida: "Non restiamo in silenzio"
In una vibrante e accorata lettera aperta indirizzata alle più alte cariche dello Stato, il Comune di Trapani — con la firma del Sindaco Giacomo Tranchida e dell’Assessore ai Servizi Sociali Virzì — ha lanciato un forte appello contro la violenza in Medio Oriente e, in particolare, nella Striscia di Gaza. L’iniziativa nasce dalla convinzione che “non possiamo assistere in silenzio dinanzi alla strage di vittime civili e di innocenti” e che la voce delle comunità locali non debba restare soffocata dal rumore delle armi.
“Basta, smettetela!” è il grido che attraversa l’intero testo, privo di bandiere ideologiche ma ricco di un senso profondo di giustizia e responsabilità morale. La città di Trapani, da sempre crocevia di culture e simbolo di accoglienza, si schiera apertamente in favore della pace, della solidarietà e della difesa dei più deboli, chiedendo con forza il cessate il fuoco, la liberazione di prigionieri e ostaggi, e la ripresa di un processo diplomatico serio, duraturo e condiviso.
Il documento denuncia con fermezza “le troppe giovani vite spezzate nella Striscia di Gaza” e condanna ogni forma di odio, vendetta e rappresaglia, sottolineando che il dolore dei popoli non può essere ignorato o minimizzato. “Ogni piccolo evento, come il battito d’ali di una farfalla, è in grado di provocare grandi cambiamenti nel resto del mondo: l’odio si espande come un terribile virus”.
Trapani si fa portavoce di un’agenda chiara: il riconoscimento dello Stato di Palestina, il sostegno all’UNRWA (l’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi), l’avvio di una conferenza di pace sotto l’egida delle Nazioni Unite e la promozione del dialogo internazionale. In un tempo in cui spesso prevalgono l’indifferenza e il disincanto, l’amministrazione trapanese chiede di agire, ricordando anche le tante iniziative promosse sul territorio per diffondere una cultura della pace, come i “Cartelli della Pace” affissi in città e i progetti educativi nelle scuole.
Il documento non è solo una presa di posizione simbolica: è un invito a “non delegare più la costruzione della pace solo alla diplomazia”, ma a coinvolgere i territori, le istituzioni locali e la società civile in un’azione collettiva.
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