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25/05/2025 06:00:00

Il Museo del presente per Falcone e Borsellino. Perchè la memoria senza azione è solo retorica

 Era il 23 maggio 1992 quando 500 kg di tritolo squarciarono l’autostrada A29, uccidendo il giudice palermitano Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta. Quel giorno, però, non rappresentò solo la più disastrosa e crudele strage di mafia, ma fu il giorno in cui tutti noi, come Paese, fummo costretti a guardarci allo specchio e chiederci chi fossimo davvero, decidendo da che parte stare e in che modo agire.

Quando 57 giorni dopo un’altra bomba uccise il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta, capimmo che si trattava di due stragi con un medesimo messaggio: la mafia era talmente potente da poter minacciare ed uccidere lo Stato alla luce del giorno, davanti gli occhi di un’intera nazione.
Le lotte ed i sacrifici dei giudici che combatterono per arrestare la mafia in Italia non devono però rimanere vani. Pertanto, bisogna domandarci: cosa resta oggi di quel sacrificio? Non basta riempire i social di post commemorativi, deporre fiori ogni 23 maggio e 19 luglio e pronunciare discorsi. Non basta fermarsi alla superficie del ricordo e trasformare Falcone e Borsellino in icone da santino o in hashtag per combattere la mafia che ancora permane nel nostro Paese.

È per questo che oggi nascono in Italia molte iniziative per combattere nel concreto la mafia. È questo il caso della Fondazione Falcone che nel XXXIII anniversario dalla strage di Capaci inaugura il Museo del presente, dedicato ai giudici Falcone e Borsellino, presso il Palazzo Jung a Palermo, in via Lincoln 71.

Si tratta di un luogo inedito in Italia; non un memoriale e non un museo di collezioni e reperti, ma di ‘’una vera fabbrica dell’impegno culturale e sociale per la promozione della cultura e della giustizia e della lotta alla mafia’’. Si tratta dunque di un museo che celebra il coraggio di tutte le vittime di mafia, la bellezza che si traduce in lotta alla mafia e resistenza attiva, della curiosità come arma, che deve soprattutto partire dai giovani, che informandosi, leggendo e conoscendo possono concretamente agire e sconfiggere la mafia, che della cultura ha paura. Si tratta dunque di uno spazio che celebra ed invita alla responsabilità sociale, di un impegno che non deve prescindere.

 

 

Non il solito rituale retorico e vuoto, ma un impegno concreto e sostanziale che invita tutti i cittadini all’azione. Un punto di ritrovo per coloro che vogliono quotidianamente ricordare la lotta delle vittime. Non è un luogo di commemorazione passiva, ma un luogo che ci ricorda che la responsabilità individuale è la chiave.

‘’Finalmente nascerà a Palermo una realtà, che sarà la realtà del ‘’presente’’, del Museo del Presente, del museo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Dicevo pocanzi in una intervista che per me è fondamentale perché rappresenterà un punto dove i ragazzi di Palermo troveranno la storia, l’emozione e la voglia di fare che sono tutte cose che questo museo ci può dare attraverso le parole che saranno registrate, attraverso le cose che [i ragazzi] toccheranno e vedranno e tutte le emozioni che proveranno. Sono felice che questo possa costituire per sempre per i giovani palermitani un punto dedicato a Giovanni e Paolo, che rappresenta la loro storia, la loro voglia di fare. [..] Se si ha voglia, se si studia, ce la possiamo fare tutti’’.


Queste sono le parole di Maria Falcone rilasciate l’attimo prima di immergersi all’interno dell’esposizione. E alla domanda ‘’Oggi la strada è ancora lunga per sconfiggere la mafia?’’ la professoressa Falcone risponde: "Secondo me la cosa fondamentale da fare è staccare, rompere quel legame perverso che lega la società palermitana alla mafia. Sino a quando il ragazzo di quartiere andrà a cercare il boss per ritrovare il motore o per avere un favore, questo cordone ombelicale che lega la società alla mafia non sarà rotto. E Giovanni diceva questo. Diceva sempre: la mafia sarà vinta quando in città non ci sarà più consenso’’.

 

 


Pertanto, i visitatori e le scuole potranno conoscere la storia della lotta alla mafia mediante la partecipazione attiva. Il direttore generale Alessandro de Lisi propone e promette ‘’un’opera d’arte digitale viva’’, dove i visitatori diventano testimoni attivi. Si tratta di un approccio rivoluzionario: non dobbiamo commuoverci ma interrogarci. Non dobbiamo fare della memoria un rifugio ma un’arma.
Pertanto, quando all’indomani dell’inaugurazione posteremo online le foto del Museo, lo faremo per sentirci cittadini virtuosi a costo zero? O perché questo spazio ci aiuterà ad essere consapevoli che la mafia continua ad agire subdolamente sotto i nostri occhi e che non bisogna far finta di nulla? La risposta, come insegnano quelle vite spezzate, non sta nei like. Sta nelle scelte.