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27/05/2025 00:00:00

Referendum 8 e 9 giugno: "tornare allo spirito della Costituzione, votare Sì è un dovere Democratico"

 

Gentile Direttore, quattro dei cinque quesiti referendari si occupano di lavoro. Ma se vogliamo, anche quello della concessione della cittadinanza italiana degli stranieri extracomunitari maggiorenni da almeno cinque anni di residenza legale, anziché dieci, ha a che vedere con il mondo del lavoro. Ha fatto bene il suo giornale a fornire una guida e a sollecitare i cittadini ad andare a votare l’8 e 9 giugno per raggiungere il quorum. Io traccerò su ogni scheda un Sì convinto e cercherò qui di spiegarne i motivi della scelta. Parto dallo scenario politico che abbiamo di fronte. Le confederazioni sindacali, la cui posizione avrà o dovrebbe avere importanti effetti sull’esito del voto (la Cgil e la Uil sono a favore dell’abrogazione mentre la Cisl è per mantenere le norme vigenti). La situazione dei partiti, che invitano a recarsi alle urne, è abbastanza frastagliata: prevale la distinzione e il distinguo piuttosto che un orientamento unitario finalizzato al risultato: 5 “sì” per il Pd e AVS, 4 per M5S, 2 per + Europa, 1 per Azione e Italia Viva, che però si dividono sui “no” due per i renziani, 4 per i calendiani.

FDI, LEGA, FI, compreso il presidente del Senato, invitano a disertarle, mentre “Noi Moderati” vanno ma votano “no”. Se come punto di riferimento guardiamo soltanto a questo dato, possiamo dire fin d’adesso che il quorum, il 50 per cento più uno dei votanti, non scatterà. Senza considerare il fatto che ci troviamo in presenza di una ormai cronica, perniciosa tendenza alla disaffezione dei cittadini agli appuntamenti elettorali.

Ci vorrebbe una sorta di miracolo: un sussulto di sana e sacrosanta reazione che capovolga le pessimistiche previsioni della vigilia. Ed è proprio su questo aspetto che io in parte ripongo la mia speranza, che è una delle principali ragione per votare Sì, imperniata su un ragionamento fatto di nostalgia e di rabbia. Penso allo Statuto dei Lavoratori e al lavoro inteso come “variabile indipendente” rispetto agli altri fattori della produzione. Ma soprattutto penso alla nostra Costituzione. Che molti citano con enfasi e con poca convinzione. Senza sapere, o fingono di non sapere, che ancora sta lì in attesa di essere applicata, specie nei passaggi più salienti del nostro essere cittadini. Il fatto che si sia ricorso ai referendum abrogativi delle norme vigenti, che hanno violato la lettera e lo spirito della legge primaria, è già, sebbene tardivo, un passo in avanti. Ma se l’esito del referendum sarà negativo, non soltanto sarà una sconfitta dei promotori e di coloro che li hanno sostenuti, ma dell’intero mondo del lavoro, della società, dell’economia e delle aspettative future nel suo insieme. Inoltre segnerà un progressivo inevitabile indebolimento e svuotamento dei principi e dei valori contenuti nella nostra Carta fondamentale, inclusi i tentativi del governo di apportare delle riforme costituzionali, come l’autonomia differenziata e l’elezione diretta del premier, che ne peggiorerebbero lo stesso quadro democratico.

Bisogna ricordare soprattutto che i nostri Costituenti, nell’averla redatta, dopo un serrato confronto, prima in Commissione, cosiddetta dei 75 e, poi, nel dibattito in Aula, avevano tutti bene in mente quanta importanza annettessero al lavoro, nelle sue varie articolazioni, così come prioritaria rilevanza assegnassero alla sua tutela delle singole fasce di lavoratrici e lavoratori al fine di assicurare da un lato la tenuta, il benessere e il progresso della comunità e dall’altro il bisogno di evitare le crisi, le depressioni e le turbolenze economiche, dovute a calamità o/e contingenze sfavorevoli, di altra natura e provenienza. A riprova della validità di questo concetto, vale sempre la pena richiamare l’articolo 1 “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro … ma anche l’articolo 4: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto... 35: La Repubblica tutela il lavoro … 36: Il lavoratore ha diritto a una retribuzione … sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa … 37: La donna lavoratrice ha gli stessi diritti che spettano al lavoratore … La Repubblica tutela il lavoro dei minori … 38: … I lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortuni, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria … 39: L’organizzazione sindacale è libera …40: Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi. L’articolo 1 e 4 fanno parte dei 12 articoli dei Principi Fondamentali. Gli altri 6 (Titolo III - Dei Diritti e dei Dovere dei cittadini), dei 13 articoli fanno parte dei Rapporti economici. Non si tratta di numeri e di quantità ma di un’opportuna proporzionalità. Infatti il successivo articolo 41, che nel primo comma sancisce che l’iniziativa economica privata è libera, afferma nel secondo che essa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale e in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana …

Si dirà che il testo della Costituzione è stato varato quasi ottant’anni fa e che, quindi, i costituenti non hanno potuto prevedere i profondi cambiamenti avvenuti durante questo lungo arco di tempo. Sfido chiunque a sostenere che, almeno nella parte che riguarda strettamente i quesiti referendari, la nostra Costituzione sia superata. O che qualcuno oserà dire che le sue norme siano in contrasto con il libero mercato, con l’impresa privata, con i processi connessi all’avvento della globalizzazione o con le disposizioni emanate dalle istituzioni internazionali in materia di lavoro, recepite e ratificate dai singoli Paesi. Ma io vorrei che gli articoli citati fossero letti da tutti per intero, in primo luogo dalle giovani generazioni. Allora ci si renderebbe conto che l’attuale legislazione in materia di lavoro, rispetto alla Costituzione e alla virtuosa ondata di lotta che ha dato vita allo Statuto dei Lavoratori negli anni Settanta, è in allarmante ritardo. Per evitare il peggio diventa dannatamente urgente e necessario arrivare al quorum per cancellare le iniquità delle norme in vigore e ricominciare a volgere lo sguardo ai prossimi anni con l’occhio lungimirante del Costituente del 1946-1948.

Filippo Piccione