La mafia trapanese non arretra. Cambia volto, si adatta, ma resta profondamente radicata nel territorio.
Lo dice la nuova relazione 2024 della Direzione Investigativa Antimafia, presentata ieri a Roma dal direttore Michele Carbone. Per la prima volta, il documento copre un intero anno solare e analizza i fenomeni mafiosi con aggiornamenti ravvicinati, offrendo un quadro aggiornato e dettagliato.
Nella provincia di Trapani, Cosa nostra resta ben strutturata in quattro mandamenti (Trapani, Alcamo, Mazara del Vallo e Castelvetrano), suddivisi in 17 famiglie mafiose. Un'organizzazione che si regge ancora su legami di sangue, omertà e un forte senso di appartenenza, con una gestione “dinastica” degli affari e delle aree di influenza.
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Campobello di Mazara, il cuore della rete di Messina Denaro
Il comune di Campobello di Mazara si conferma crocevia fondamentale per comprendere le dinamiche mafiose nel Trapanese. Qui, il boss Matteo Messina Denaro ha trascorso gli ultimi anni della sua latitanza, fino al suo arresto nel gennaio 2023. Ma il 2024 ha confermato che la rete di protezione attorno al capomafia non è mai venuta meno, neanche dopo la sua morte.

La relazione della DIA ricostruisce una serie di operazioni che hanno colpito la rete dei fiancheggiatori:
Il 12 gennaio 2024, sono stati condannati Emanuele Bonafede e Laura Bonafede, accusati di aver ospitato e protetto Messina Denaro nella loro abitazione a Campobello.
Il 13 febbraio, un’ordinanza ha colpito i fratelli Francesco e Giovanni Luppino, anch’essi di Campobello, per aver garantito il supporto logistico e gli spostamenti del boss.
Il 13 marzo, è arrivata la condanna di Giovanni Luppino senior, arrestato nel gennaio 2023: era l’autista che accompagnava il capomafia alla clinica “La Maddalena” di Palermo, dove fu poi arrestato.
Il 27 marzo, tre nuove ordinanze per concorso esterno in associazione mafiosa hanno coinvolto altri soggetti accusati di aver favorito la latitanza.
Il 17 luglio, a Mazara del Vallo, è stato individuato un ulteriore fiancheggiatore.
Più tutte le altre inchieste e gli arresti dei fedelissimi, delle amanti.
Tutti i soggetti coinvolti sono legati tra loro da vincoli familiari o relazionali, a conferma di una mafia che si struttura sempre più in forma chiusa e “familistica”, capace di sopravvivere anche alla caduta del suo capo più emblematico.

Una riorganizzazione silenziosa ma efficace
La relazione evidenzia come, nonostante la fine della latitanza del boss di Castelvetrano, la struttura mafiosa trapanese non si sia dissolta, ma abbia riorganizzato i propri assetti, mantenendo il controllo delle attività illecite secondo logiche territoriali consolidate.
Emblematica è l’operazione “Olegna”, che ha documentato l’incontro tra mafiosi storici del mandamento di Mazara del Vallo (in particolare, esponenti della famiglia di Salemi) e un uomo del mandamento di Castelvetrano. Quest’ultimo avrebbe fatto da tramite con Messina Denaro per discutere affari illegali, dimostrando quanto i rapporti tra mandamenti restino attivi e funzionali.
Corruzione e voto di scambio: i clan nelle istituzioni
Nel 2024, la DIA segnala con preoccupazione anche il rinnovato attivismo di Cosa nostra nei processi elettorali locali. Il 21 febbraio, il Tribunale di Marsala ha condannato un consigliere comunale di Petrosino e un esponente mafioso marsalese, già arrestati l’anno precedente, per voto di scambio in occasione delle elezioni del giugno 2022.
Una vicenda che conferma quanto la mafia continui a cercare sponde nella politica, condizionando, in alcuni casi, la vita amministrativa locale.
Fondi pubblici, truffe e formazione professionale: i clan all’assalto dei soldi europei
Tra i filoni investigativi più significativi del 2024, la DIA pone l’accento sull’appropriazione indebita di fondi pubblici, specie quelli europei e regionali per la formazione professionale e i progetti sociali. Il 17 ottobre, in una vasta operazione condotta dalla Guardia di Finanza, sono stati raggiunti da misure cautelari 14 soggetti residenti in tutta la provincia – da Marsala a Custonaci, da Alcamo a Calatafimi – accusati di truffa aggravata, malversazione, corruzione, riciclaggio e associazione per delinquere. I fondi venivano dirottati per scopi personali o elettorali, mediante progetti gonfiati o del tutto fittizi.
Già il 22 gennaio, i Carabinieri avevano colpito quattro persone coinvolte in appalti truccati nel Comune di Favignana, eseguiti da un’azienda non iscritta nella white list della Prefettura. A dicembre, la Guardia di Finanza ha sequestrato società operanti nella distribuzione alimentare e colpito sei imprenditori accusati di creare un sistema di frodi fiscali e bancarotte fraudolente.
Intimidazioni, incendi e controllo del territorio
Il controllo mafioso passa anche per la violenza. Nel corso del 2024 si sono verificati numerosi episodi intimidatori e attentati incendiari:
A Marsala, incendi contro un’azienda edile e uno stabilimento balneare. A Mazara del Vallo, danneggiata una struttura sportiva. A Campobello di Mazara, dato alle fiamme un distributore di carburanti. A Castelvetrano, è esplosa l’abitazione di un soggetto già condannato per mafia nell’operazione “Anno Zero”. La DIA sottolinea che in alcuni casi la matrice mafiosa non è esclusa, anche se non sempre accertata.
Interdittive antimafia e sequestri: la risposta dello Stato
L’azione di contrasto non si è limitata all’ambito giudiziario. La Prefettura di Trapani, nel 2024, ha emesso ben 331 interdittive antimafia nei confronti di aziende attive in settori nevralgici come agricoltura, edilizia, movimento terra, autotrasporti e servizi funebri. I provvedimenti hanno colpito imprese sospettate di contiguità con le famiglie mafiose di Mazara, Vita, Salemi, Castelvetrano, Campobello, Trapani, Valderice e Castellammare del Golfo.
Due sequestri simbolici chiudono l’anno:
A Salemi, il 22 maggio, sequestrati beni per 1 milione di euro a un imprenditore legato alla famiglia mafiosa di Vita. A Castelvetrano, il 13 giugno, sequestrati reperti archeologici per un valore di 100 mila euro, riconducibili a un mercante d’arte vicino al clan locale.
La relazione 2024 della DIA conferma che la mafia trapanese non è un fenomeno del passato. Ha mutato pelle, si è adattata alle logiche del business, della politica e della pubblica amministrazione. Ma resta una presenza attiva, capillare e pericolosa, capace di condizionare lo sviluppo economico e sociale della provincia.