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01/06/2025 06:00:00

Bilancio del dopo festival: ci vogliono coerenza e credibilità 

 Non è un paese per giovani, e da giorni è un’eco costante in testa: analisi dati percentuali sempre per non farci mancare nulla, ci fotografano in cima ad alcune classifiche.

Dati - per non far torto a nessuno - che da anni condannano senza alcuna pietà i nostri territori (i numeri sono neutri ne di destra ne di sinistra), e scontiamo mancate scelte o anche solamente uno sguardo diverso della politica a capire con assoluta laicità, problemi macroscopici che solo lei può risolvere.

Una comunità educante più di essere coerente non può fare, ma quando il perimetro di intervento ovvero la policy di fatto è limitata ad interventi inconsistenti - gestire e assumere decisioni e azioni concrete per risolvere problemi, dettate dalla politics - che è l’ambito strettamente politico ovvero la gestione del potere tra forze in dialogo e strategie conseguenti di policy, tutto in Italia viene semplicemente confuso tra ambiti che rigorosamente dovrebbero viaggiare per strade separate.

Le parole sono importanti, e torna Ennio Flaiano ovvero in Italia la linea più breve tra due punti è l'arabesco. Viviamo in una rete d’arabeschi; in Sicilia viviamo in una terra di arabeschi barocchi, e chiedo venia ai professori di storia dell’arte, ma spero che la fotografia lessicale sia chiara.

Se ancora non lo è il quadro, lo spopolamento delle aree interne o peggio di Città come la nostra che torna a rivedere i suoi giovani nelle feste comandate (forse) o in estate, è un altro segno di come le politics ai nostri paralleli non abbiano in alcun modo assolto alla loro funzione di rappresentanza nelle sedi deputate. Non se ne dispiaccia nessuno, è andata così.

Dirigere un piccolo festival di provincia, ti riconsegna un insieme - seppur limitato nei numeri - ma abbastanza chiaro per alcune dinamiche, e agli studenti che questa volta è stato chiesto non di prendere posto e fare presenza scenica nelle varie giornate (cosa in verità quasi mai accaduta), ma concretamente di farsi carico di una parte del tutto e raccontarla e guardarla con i loro occhi. L’inizio seppur la loro partecipazione è stata su base volontaria, la leggevi negli occhi, quelli non mentono: disincanto, partecipazione per onore della firma e cose così, ma la musica è cambiata (dietro c’è un lavoro di anni è corretto dirlo) ovvero gli è stata data una RESPONSABILITA’ che non era il loro solco ovvero un voto ad una interrogazione (quella è la loro tazza di tea), e abbiamo ricevuto una lezione alta di educazione alla partecipazione.

Altrove e da anni a Lamezia per Trame Festival la Città viene invasa dai volontari da tutta Italia nelle forme più diverse di partecipazione e questo processo ha visto crescere cittadini con una consapevolezza diversa e fuori dal classico progetto o pcto, sarei felice per una partecipazione fuori da logiche di parte e con lo spirito che il bene assoluto sono loro, il nostro presente.

Abbiamo vissuto l’esperienza del Salone del Libro di Torino - perché invitati - e osservare generazioni di “felpini” che tornano al Lingotto accompagnando i loro figli dopo anni: non è un normale processo di crescita dal basso?

Oggi può essere un Festival domani altro, non conta il contesto ma la coerenza con cui ti poni e la credibilità a chi chiedi di percorrere un pezzo di strada con te, e forse avrai reazioni conseguenti.

La politica, per una volta si metta in ascolto e prenda in considerazione quanto accaduto nelle pieghe di ciò che è stato, provando a entrare in relazione - se ne sarà in grado - con un mondo che per anagrafe apparentemente parla un’altra lingua ma poi chiede una biblioteca aperta non in orari di ufficio, sale studio dotate di confort nei vari luoghi della città e soprattutto iniziare a declinare il concetto di normalità che non è quello dove ci si è abituati a vivere un contesto in sottrazione.

Il corso delle cose si può e si deve cambiare, ma se si continua a fingere che determinate realtà non esistano, il cambiamento è chiaro che non appartenga alla dialettica di questo tempo.

giuseppe prode

p.s.   riflettevo sui processi STEAM (Science Technology Engineering Art Mathematics) e sul senso stesso dell’acronimo e cercando in rete questo ho trovato, credo calzante ad uno sguardo laico della nostra politica : "L’approccio STEM parte dal presupposto che le sfide di una modernità sempre più complessa e in costante mutamento non possono essere affrontate che con una prospettiva interdisciplinare, che consente di integrare e contaminare abilità provenienti da discipline diverse (scienza e matematica con tecnologia e ingegneria) intrecciando teoria e pratica per lo sviluppo di nuove competenze, anche trasversali."  

 



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