Shark irriconoscibili: cosa è successo? La risposta in gara tre a Brescia
Irriconoscibil. Ci sono modi e modi per uscire da una competizione ed il Trapani Shark lo sta facendo nel peggiore. Nei due match disputati non si è mai messa la testa sopra la linea di galleggiamento, sempre ad inseguire un avversario sgusciante come un’anguilla. E nelle occasioni in cui lo vedevi a portata di mano, imprimeva poderose accelerazioni e si allontanava dalla linea di tiro.
E dire che i prodromi per una resa incondizionata con Brescia non si erano affatto avvertiti, sia per il modo con cui si erano sbarazzati di Reggio Emilia, sia perché il roster era al completo, in piena salute e con il coach Repesa nelle condizioni migliori per far rotare tutti gli effettivi. Ed il fatto di aver regolato la Leonessa sia dentro che fuori nella regular season doveva costituire una ulteriore iniezione di fiducia. Ed allora? Quali motivazioni addurre ad un binomio di sconfitte quasi in fotocopia, senza attenuanti, all’interno di un catino che era rimasto inespugnabile per mesi, ridondante di tifo, un sesto uomo caldo ed appassionato...
Fornire spiegazioni razionali a qualcosa di insondabile ed inesplicabile potrebbe costituire solo un esercizio dialettico ed andare ben oltre il vero significato dell’evento. Andrebbe, invece, relegato all’interno di quegli enigmi mai risolti che si presentano nella vita, non solo sportiva e che sembrano confezionati, con tanto di fiocco azzurro, da congiunzioni astrali. Potrebbe rappresentare una delle tante variabili che ti inibiscono nel non poter afferrare il bandolo di una matassa che nella fase di preparazione sembrava risolvibile. Il tutto in linea prettamente teorica, in cui il piano partita prevedeva di ridurre ai minimi termini quel Bilan che si presentava come uno spauracchio. Senonché , coach Poeta, prevedendo una mossa del genere, lo ha fatto giocare da “falso nueve”, come nel calcio, allontanandolo dal canestro e giostrandolo da post- alto, in chiave assist-man. Accorgimento riuscito alla perfezione con Horton che galleggiava in territori, come in borsa, negativi. Già dal primo quarto i lombardi incassavano i primi dividenti con sensibili vantaggi, scavando anche solchi più ragguardevoli nel dipanarsi della gara. Cioè, vantaggi in doppia cifra con gli squali incapaci di mordere in attacco e lasciando intere praterie nel tiro dalla lunga distanza. Un leitmotiv che, pur di facile lettura per un “musicista” straordinario come Repesa, non risultava ribaltabile in termini di risultato. Non si intravvedeva nemmeno quel gioco di squadra che il coach croato era riuscito ad imporre a tutti i corifei riottosi come Robinson e JD Notae, tenutari della cabina di regia. Anzi , questa metamorfosi kafkiana sembrava più che una risorsa, una autentica palla al piede per la desuetudine dei bombardieri neri ad un gioco per loro naturale, ma che risentiva dei tanti lacci e lacciuoli che il piano partita, nella sua indiscutibile rigidità, non consentiva distrazioni ed alternative.
Sarebbe anche ozioso cercare attenuanti, trovare alibi sportivi in quella vistosa “grandinata” piovuta improvvisamente sulla società di Piazzale Ilio, condita da squalifiche al Presidente Antoni (6 mesi) e penalizzazioni alla squadra (4 punti, per il prossimo anno) che dovevano essere metabolizzate da un team in piena salute. E per la verità, non si avvertivano nemmeno quei cedimenti, quei sinistri scricchiolii, che fanno da campanello di allarme prima che una valanga si abbatta rovinosamente, cancellando un percorso virtuoso che in precedenza era calcato da un intero ambiente. Allora, appagamento? E’ una delle tante tesi che aleggiano come un fantasma, senza ancora materializzarsi. Una risposta a questa eventualità la potremo costatare in gara 3 ,a Brescia. Se giocatori e tecnici hanno staccato la spina , apparirà in tutta chiara evidenza al PalaLenonessa. Se si saranno mollati i pappafichi, oltre alla randa e allo spinnaker, il Bounty rimarrà fermo alla fonda e subirà una lezione ancor più pesante del PalaShark.
E dire che, alla vigilia, le condizioni per arrivare fino in fondo presentavano un serio fondamento. Aver rotto il duopolio di Milano e Bologna, che nell’ultimo lustro si sono contesi lo scudetto, in finale, doveva costituire un ulteriore stimolo. Ma sarebbero dispute vane farle in questo momento, a passaggio quasi ostruito. Dopo tante tesi espresse ci si può solo focalizzare sull’aspetto più vistoso emero nel doppio confronto. Il calo emotivo accusato dalla squadra è inconfutabile. Gli approcci disastrosi , che costringevano la squadra ad affannosi recuperi, evidenti. Ed anche Repesa sembrava frastornato in panchina senza esternare quegli scatti d’ira che scuotessero i giocatori. Non ha tentato nemmeno quell’escamotage emozionale, cioè il fallo tecnico che potesse agitare giocatori e tifoseria. E’ rimasto quasi impassibile a bruciare lentamente, piuttosto che ardere subito. Una sana ed opportuna contestazione alla classe arbitrale poteva accendere i fuochi e far esplodere la santabarbara. In quei momenti, quando i tatticismi non funzionano, occorre uscire dal contesto sportivo e cercare strade nuove, entrare nella testa dei giocatori. Impresa non facile se sei sotto choc ed avverti un impasse non risolvibile. Dopo aver passato al setaccio tutte le cause possibili, che indubbiamente hanno inciso in misura percentuale diversa, qualunque trattato di psicanalisi entrerebbe in quello che si definisce “ nocciolo della questione” . Il riferimento va al conflitto centrale , spesso inconscio, che gli atleti si trovano a fronteggiare. Non significa ansia da prestazione. Per una rapida fotografia, in entrambi gli incontri la reazione si è sensibilmente avvertita, fino a quasi un rendez-vous nel punteggio. Poi è emerso il “braccino” del tennista che era tutto contenuto all’interno dei meandri del cervello. Mai si è materializzato quel sorpasso che poteva costringere i Lombardi ad inseguire, E si sa quanto pesano i palloni, anche nei tiri liberi, in certe occasioni. Quindi, pensieri e comportamenti influenzati dall’inconscio? Indubbiamente sono sempre presenti in ogni gara agonistica e risultano ingigantiti dall’importanza della posta in palio che viene messa vistosamente, al centro del parquet, come si trattasse di un messaggio pubblicitario. I Bresciani ci correvano sopra imperterriti, seguendo un mantra dantesco” non ragioniam di lor, ma guarda e passa”. Nella testa dei Trapanesi, come un vortice, si annidavano, invece, messaggi subliminali. Non controllarli possono portare a risultati completamente opposti rispetto a piani- partita, anche se preparati accuratamente. Ed il risultato giusto è quello emerso sul parquet.
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