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07/06/2025 17:30:00

Il Comitato insieme per lo Stagnone: "serve equilibrio, non ideologia”

 Dopo l’incontro pubblico del 4 giugno a Birgi, dedicato al Piano di Utilizzazione della Riserva Naturale della Laguna dello Stagnone, il comitato “Insieme per lo Stagnone”, formato da cittadini e titolari di attività commerciali e ricettive nella zona dello Stagnone, interviene con una lunga lettera.

Il comitato esprime una critica netta a due visioni estreme che "rischiano di bloccare ogni percorso costruttivo": da un lato chi ignora regole e vincoli ambientali per interesse personale, dall’altro un ambientalismo rigido, "privo di proposte concrete e scollegato dalla realtà storica e culturale del territorio".


Nel documento, il comitato rivendica il valore della presenza umana nella formazione e nella cura dell’ecosistema dello Stagnone, ricordando come l’intervento antropico – dalle saline alla pesca tradizionale – abbia modellato nei secoli un paesaggio unico. L’appello è a costruire una visione condivisa, fondata su tutela, sostenibilità e buon senso. Ecco il documento. 

Condividiamo alcune riflessioni a margine dell’incontro pubblico svoltosi mercoledì 4 giugno presso il Santuario "Nostra Signora di Fatima" a Birgi, dedicato al Piano di Utilizzazione della Riserva Naturale della Laguna dello Stagnone.
Anzitutto, un sentito ringraziamento all’Amministrazione comunale, non solo per aver organizzato questo importante momento di confronto civico, ma soprattutto per l’impegno dimostrato nel cercare una sintesi equilibrata tra due visioni contrapposte – talvolta radicalmente – circa la gestione della Riserva dello Stagnone.
Da una parte, esiste un approccio spregiudicato e inaccettabile, adottato da chi si ritiene al di sopra delle regole e pensa di poter piegare il territorio ai propri interessi, ignorando vincoli imposti non solo dalle norme, ma anche dalla coscienza e dal buon senso, causando danni ambientali evidenti. Questo atteggiamento va condannato tanto sul piano etico quanto nelle sedi giudiziarie competenti.


Dall’altra, si è affermata una posizione sostenuta da una parte – o, più precisamente, da una singola associazione – del mondo ambientalista. Una visione che, pur animata da intenzioni apparentemente lodevoli, presenta numerose criticità, tanto nel merito quanto nel metodo.
Se della prima categoria non erano presenti rappresentanti – almeno non in modo palese – i sostenitori della seconda erano invece numerosi, ma, sorprendentemente, poco incisivi nei contenuti.

L’ambiente dello Stagnone è anche opera dell’uomo
Nessuno degli interventi ambientalisti ha colto la specificità della Laguna dello Stagnone: un ambiente abitato in modo continuo e significativo da millenni, modellato da un’interazione costante fra uomo e natura. È stato proprio l’intervento umano a rendere lo Stagnone un ecosistema unico. Quante altre riserve naturali o siti Natura 2000 vantano una presenza antropica così radicata e storicamente rilevante?
L’isola di Mozia ne è l’esempio più evidente: un tempo tra le città più importanti del Mediterraneo, abitata da migliaia di persone e fulcro di commerci e attività produttive rilevanti anche sul piano artistico ed etnografico. La pressione antropica, anziché impedire allo Stagnone di conservare il suo valore ambientale, lo ha arricchito di un ulteriore e prezioso strato culturale e storico.


Le saline, elemento imprescindibile del paesaggio lagunare, sono il risultato dell’ingegno umano: scavi, canalizzazioni, sbancamenti della costa, modifiche del ricircolo naturale delle acque, fino alla formazione dell’Isola Lunga, realizzata unendo le lingue di terra già esistenti e chiudendo canali fondamentali per il ricambio idrico tra la Laguna e il mare aperto. Tutto ciò fu compiuto con finalità esclusivamente economiche, trasformando lo Stagnone in una vera e propria industria a cielo aperto.
Lo stesso vale per la Torre di San Teodoro, oggi simbolo del paesaggio lagunare, costruita ben prima dell’avvento di qualsiasi pianificazione paesaggistica o del concetto di paesaggio “orizzontale”.

Per secoli, lo Stagnone è stato vissuto e attraversato da pescatori, agricoltori, animali da soma – come testimonia la caratteristica “Strada Punica”, meta di visitatori e curiosi. Da questa simbiosi tra uomo e natura è nato un patrimonio di saperi e tecniche, come la pesca con la "cannizza", che rappresenta l’identità stessa del luogo, segno dell’inventiva e del genio locale.
Tutti questi interventi, stratificatisi nel tempo, hanno contribuito in modo essenziale – e non certo accessorio – alla creazione dell’attuale ecosistema e paesaggio dello Stagnone. Oggi, paradossalmente, ciò che ha reso questo luogo così prezioso non sarebbe più autorizzabile. Ma ogni valutazione che ignori la sua componente antropica risulterebbe inevitabilmente parziale e fuorviante.

La retorica ambientalista e la realtà della gestione del territorio
Un altro punto critico emerso dagli interventi ambientalisti è la scarsa attenzione alla gestione concreta del territorio, a cominciare dalla sua manutenzione e pulizia. Solo pochi decenni fa, quando le attività economiche nella zona erano pressoché inesistenti, il litorale era spesso ridotto a discarica a cielo aperto. Oggi, al contrario, sono proprio alcuni presìdi privati – gestiti da operatori onesti e rispettosi – a garantire quotidianamente il decoro e la cura di molte aree.
Colpisce, in tal senso, l’uso ricorrente del termine “filosofia” negli interventi ambientalisti: un’espressione che denota un approccio più astratto che concreto, a tratti scollegato dalla complessità del contesto locale. Questo atteggiamento porta a una visione parziale e ideologicamente sbilanciata, che tende a demonizzare la presenza umana invece di analizzarla criticamente e regolamentarla con strumenti adeguati.
In sintesi, l’attenzione di questa componente ambientalista sembra focalizzarsi su alcune attività – come il kitesurf o i chioschi – stigmatizzate come dannose a prescindere, in una narrazione talvolta sensazionalistica, più simile a una campagna ideologica che a una reale analisi ambientale. Una narrazione che rischia di trascurare le vere cause dei problemi ambientali dello Stagnone, come la carenza di ossigenazione delle acque, causata dal deposito di sedimenti presso le bocche della laguna e aggravata dalla mancanza di interventi di manutenzione negli ultimi decenni.


Verso un equilibrio possibile
Le posizioni ambientaliste emerse durante l’incontro sono apparse in larga parte sterili: prive di proposte operative, chiuse al confronto, irrigidite su una visione astratta e spesso ideologizzata. Invece di contribuire alla costruzione di una soluzione condivisa, queste posizioni sembrano puntare a ostacolare ogni forma di attività, senza distinguere tra pratiche virtuose e pratiche dannose, tra operatori rispettosi e soggetti abusivi.
Lo Stagnone ha certamente bisogno di regole chiare, controlli eƯicaci e una pianificazione coerente. Ma la soluzione non può consistere nell’esclusione della componente umana: è necessario costruire un modello sostenibile che coniughi tutela ambientale, fruizione responsabile e sviluppo del territorio.
Ed è proprio in questa direzione che sembra muoversi l’Amministrazione comunale, sostenuta dalla maggior parte dei cittadini presenti all’incontro: una linea di buon senso, fondata su equilibrio, collaborazione, rispetto delle regole e valorizzazione del patrimonio ambientale, storico e culturale della Laguna.
L’auspicio è che anche chi oggi si oppone con rigidità possa contribuire con spirito costruttivo alla definizione di una visione condivisa, superando contrapposizioni ideologiche sterili e partecipando a un progetto che tuteli e valorizzi davvero lo Stagnone nella sua interezza.