Tre omicidi in dieci anni, due dei quali ai danni dei fidanzati della figlia. Non proprio un suocero amorevole, Alfonso Porpora, 61 anni, originario di Enna ed emigrato in Germania, oggi detenuto in carcere a Ellwangen, dove sta scontando l’ergastolo. È stato lui, nelle scorse settimane, a risolvere un giallo rimasto irrisolto per 17 anni, confessando l’omicidio del 20enne Mustafa Sahin, suo primo genero.
Il corpo della vittima, cittadino tedesco di origini turche, fu ritrovato il 21 febbraio 2008 lungo l’autostrada A22 del Brennero, chiuso in uno scatolone e privo della testa. Solo ora, grazie alla confessione, è stato possibile identificarlo. Il delitto era avvenuto il 13 febbraio 2008, nel garage di casa Porpora a Sontheim an der Brenz, in Germania: l’uomo strangolò il ragazzo, poi trasportò il corpo in Italia e lo abbandonò.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Porpora aveva costretto Sahin a sposare la figlia dopo una gravidanza, ma non aveva mai accettato quel rapporto. Dopo l’omicidio, impose alla figlia di raccontare che il marito se n’era andato di sua volontà. Il corpo è stato identificato solo ora grazie al DNA dei familiari e al riconoscimento visivo della moglie, che ha riconosciuto vestiti e mani nelle foto inviate dalla polizia italiana.
Porpora, soprannominato dalla stampa tedesca "il padre-killer di Sontheim", è stato ritenuto responsabile anche di altri due omicidi: nel 2014 ha ucciso un altro compagno della figlia, Marco, strangolandolo e poi smembrandolo con una motosega. I resti furono nascosti in un bosco vicino Enna. Nel 2018 ha infine assassinato il proprietario del garage, dopo aver tentato di estorcergli la firma su documenti insieme ai suoi figli. Per quest’ultimo fatto, i due figli sono stati condannati a 9 e 15 anni, mentre Porpora sta scontando l’ergastolo.