Una casa in affitto, un lavoro, magari dei figli. E in Italia si è poveri. Il nuovo Rapporto Caritas 2025 è un pugno nello stomaco per un Paese che si racconta in ripresa, ma che fa i conti con una povertà sempre più diffusa e cronica. Lo dimostrano i numeri: quasi 278 mila famiglie si sono rivolte alla Caritas nei primi mesi dell’anno, il 62,6% in più rispetto al 2014, con un’impennata del 77% al Nord. E rispetto al 2023, la crescita è del 3%.
Una povertà meno emergenziale e sempre più strutturale, spesso invisibile alle statistiche ufficiali ma ben presente nei 3.341 centri Caritas attivi in 204 diocesi.
“Il 30% di chi viene da noi ha un lavoro, ma è povero”, spiega Caritas.
Lavoro, ma non basta più: i nuovi poveri
Un dato che fa riflettere: il 23,5% degli utenti Caritas ha un’occupazione, percentuale che sale oltre il 30% nella fascia d’età tra i 35 e i 54 anni. Il lavoro, dunque, non è più una garanzia. Crescono i working poor, i lavoratori poveri: colf, badanti, camerieri, commessi, corrieri, operai. Contratti precari, stipendi bassi, part-time involontari.
Secondo Caritas, i salari reali in Italia sono crollati dell’8,7% dal 2008, la peggior performance tra i Paesi del G20. E nel solo quinquennio 2019-2024, il calo è stato del 4,4%, più marcato che in Francia e Germania.
Anziani, famiglie e salute: l’altra faccia della crisi
Aumentano anche gli over 65 in difficoltà, che oggi rappresentano il 14,3% degli assistiti (erano il 7,7% nel 2015). L’età media di chi si rivolge alla Caritas è 54,6 anni. Oltre il 52% dei nuclei familiari ha figli minorenni.
La povertà si fa cronica: quasi una persona su tre è in carico da oltre 5 anni. E peggiora anche l’accesso a casa e salute: il 37,4% vive in condizioni abitative critiche, e il 35,2% ha problemi sanitari rilevanti, spesso senza cure regolari.
Il fallimento delle nuove misure: 85% esclusi
Secondo Caritas, la situazione è peggiorata con l’abolizione del Reddito di cittadinanza. Solo il 15% degli ex percettori ha avuto accesso alle nuove misure come l’Assegno di inclusione (Adi) o il Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl). Il resto è rimasto fuori: requisiti più rigidi, barriere informatiche, assenza di presa in carico.
Lo scontro politico
Il rapporto accende anche il dibattito politico. Giuseppe Conte (M5S) parla di «fallimento del governo Meloni». Elly Schlein (Pd) accusa la premier di «combattere i poveri invece che la povertà». Angelo Bonelli (Avs) denuncia lo squilibrio tra tagli al welfare e aumento delle spese militari.
E mentre si discute, oltre 84 mila volontari Caritas sono ogni giorno sul campo, accanto a chi è rimasto indietro.
«I numeri non bastano – dice don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana – vanno letti oltre l’analisi sociologica: in gioco c’è la vita di chi resta ai margini ed è invisibile».