Un intervento chirurgico ai limiti dell’impossibile. E senza anestesia generale. È successo a Palermo, dove la determinazione di un’équipe medica e il coraggio di una paziente hanno scritto una pagina di buona sanità, in controtendenza rispetto al racconto quotidiano di disservizi e rinunce.
La protagonista è Antonina Passalacqua, paziente con una storia clinica complessa: trapianto di fegato già effettuato, in attesa di un nuovo rene e un tumore da operare. Una combinazione che ha fatto desistere – uno dopo l’altro – diversi ospedali italiani. Troppo complicato, troppo rischioso.
Ma qualcuno ha detto sì.
Il coraggio di dire “sì”
A raccogliere la sfida è stata la dottoressa Gabriella Militello, chirurga oncologa della Breast Unit del Policlinico di Palermo, affiancata da un’équipe multidisciplinare con medici dell’Ismett e di altre strutture. A indirizzare la paziente è stata l’epatologa Sveva Corsale, anche lei dell’Ismett, che ha compreso la delicatezza del caso e la necessità di una gestione fuori dal comune.
Vista l’impossibilità di sottoporre Passalacqua a un’anestesia generale, l’intervento – già di per sé complesso – è stato eseguito in anestesia locoregionale, una tecnica che addormenta solo una parte del corpo, mantenendo il paziente vigile. A garantire comfort e sicurezza, una sedazione profonda assistita. Una scelta coraggiosa, e vincente.
La forza della rete
Accanto a Militello e Corsale, anche Marcello Trizzino (infettivologo), i nefrologi Marco Guarnieri e Caterina Carollo, e l’anestesista Francesco Conte. Un gioco di squadra tra competenze e reparti, che ha permesso di superare ogni previsione. L’intervento si è concluso con successo, senza complicazioni post operatorie.
“Mi sono sentita accolta, ascoltata e curata non solo dal punto di vista medico, ma anche umano”, ha dichiarato Passalacqua dopo l’operazione. Ed è forse proprio qui la chiave di tutto: in un approccio alla cura che vede la persona, non solo la patologia.
“Una vittoria medica, ma anche umana”
“Abbiamo affrontato un caso delicatissimo – spiega la dottoressa Militello – ma il risultato dimostra quanto sia importante la collaborazione tra strutture e professionalità diverse. Questo è un esempio concreto del valore del lavoro in rete nella sanità”.
Una buona notizia, insomma, che arriva da una sanità siciliana spesso sotto accusa. Una storia che, almeno per una volta, fa bene leggerla fino alla fine.