C’è un nome che torna, come un’eco pesante, tra le carte giudiziarie sulla strage di via D’Amelio. È quello di Giovanni Tinebra, magistrato morto nel 2017, procuratore di Caltanissetta dal 1992 al 2001 e capo del pool che coordinò le prime indagini su uno dei momenti più bui della storia della Repubblica: l’uccisione di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta. Oggi il nome di Tinebra riemerge con contorni inediti e inquietanti: secondo la Procura di Caltanissetta avrebbe fatto parte di una loggia massonica segreta e irregolare, descritta dagli inquirenti come una “nuova P2”.
Le rivelazioni sono parte dell’inchiesta aperta per strage e depistaggio, nella quale i Ros dei Carabinieri stanno eseguendo perquisizioni in tre immobili legati a Tinebra. Obiettivo: far luce su due misteri che si rincorrono da più di trent’anni — il depistaggio ordito da Arnaldo La Barbera e la sparizione dell’agenda rossa di Borsellino.
«Le tre perquisizioni nei luoghi che all’epoca erano nella disponibilità dell’ex procuratore Tinebra – spiega in una nota il procuratore Salvatore De Luca – sono state disposte per far luce sul contesto in cui si collocarono l’ormai accertato depistaggio e la ‘sparizione’ dell’agenda rossa appartenuta in vita a Borsellino».
La loggia di Nicosia: “Tinebra è dei nostri”
La pista investigativa nasce da nuove letture di vecchi fascicoli giudiziari, da dichiarazioni di pentiti e da indagini su archivi massonici. Emergono riferimenti a una loggia coperta a Nicosia, attiva già negli anni Settanta, quando Tinebra era in servizio in quella sede giudiziaria. Una rete massonica irregolare, riservata, che puntava ad aggregare soggetti impossibilitati a dichiarare pubblicamente la propria affiliazione.
A parlare per primo, nel 1998, è Gioacchino Pennino, che racconta del “Terzo Oriente”, una sorta di massoneria occulta nata sulle ceneri della P2. Ne avrebbero fatto parte uomini legati a Ciancimino, medici e imprenditori. E, secondo Angelo Siino, ex "ministro dei lavori pubblici" di Cosa nostra, Salvatore Spinello — massone e politico — avrebbe voluto creare una “super loggia” capace di tenere insieme mafiosi, colletti bianchi e apparati dello Stato.
In una conversazione agli atti con Giuliano Di Bernardo, ex Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Spinello rivela che a Nicosia vi era un “personaggio in grande giurisdizione”. È proprio Di Bernardo a identificare quel personaggio: Giovanni Tinebra. Le sue parole sono agghiaccianti:
«Tinebra è dei nostri... era della loggia di Nicosia... non lo saluto pubblicamente per non comprometterlo».
Club, massonerie e documenti mancanti
Nell’inchiesta ha avuto un ruolo anche Piera Amendola, consulente che ha tracciato l’intreccio tra massoneria regolare e irregolare, indicando i club come il Kiwanis tra i luoghi in cui le varie obbedienze si incrociano.
Ma il punto più drammatico è legato all’agenda rossa. Un documento ritrovato tra gli archivi della Squadra Mobile di Palermo, datato 20 luglio 1992, attesta che il giorno dopo la strage, alle ore 12, un cartone contenente una borsa e un’agenda appartenenti a Borsellino fu consegnato a Tinebra. Il foglio è firmato da Arnaldo La Barbera, capo del gruppo investigativo, ma non vi è ricevuta di Tinebra, né traccia dell’appunto nelle indagini ufficiali.
Secondo gli investigatori, La Barbera aveva la borsa già dalla sera della strage, lasciando il tempo materiale per una sottrazione o manomissione dell’agenda.
Durante le perquisizioni avviate in queste ore, sono già stati acquisiti nuovi documenti. Tuttavia — precisa la Procura — non è possibile accertare con certezza se quell’agenda fosse quella rossa, né se sia mai arrivata nelle mani di Tinebra. Ma il sospetto resta. Ed è gravissimo.
Ombre lunghe sulla strage
L’indagine riapre un fronte doloroso e mai realmente chiuso. La figura di Tinebra, centrale nelle prime inchieste sulla strage, si ritrova ora al centro di una nuova zona grigia, dove si incrociano mafie, servizi, massonerie, depistaggi e documenti scomparsi.
A distanza di 33 anni da via D’Amelio, il mosaico resta incompleto. Ma un tassello alla volta, la verità continua a emergere. E forse — finalmente — si avvicina il giorno in cui sarà possibile darle un nome.