C'è una domanda che arriva ogni volta che pubblichiamo un articolo, un'intervista o anche solo un post dedicato al Pride di Trapani, che si terrà il prossimo 26 luglio. Una domanda che sembra ingenua, ma che nasconde il cuore di questa battaglia: “Perché ne parlate?” O peggio: “Ma non avete altro di cui occuparvi?” E la più ipocrita di tutte: “Ma non hanno già tutti i diritti?”
In redazione ci interroghiamo spesso su come rispondere, specie quando, sotto a un post che annuncia la prima manifestazione Pride nella nostra città, iniziano a comparire commenti volgari, offensivi, carichi d’odio. C’è chi parla di “carnevale fuori stagione”, chi invoca repressioni degne di altri tempi, chi insulta in modo diretto e violento. Molti di questi commenti li cancelliamo, altri utenti li blocchiamo. Ma non possiamo bloccare la cultura che li genera. E allora sì, torniamo a rispondere: è proprio per questi commenti, per questa ignoranza, che il Pride serve ancora. E che Tp24 ha scelto con consapevolezza, e con orgoglio, di esserne media partner.
Il nostro posto è da questa parte della storia.
Sostenere il Pride non è solo appoggiare una manifestazione. È prendere posizione. In un tempo in cui troppo spesso si fa finta di non vedere, in cui anche solo dire “diritti” sembra diventato un atto divisivo, noi scegliamo di esserci. E di farlo senza ambiguità. Non per moda. Non per compiacere. Ma per coerenza.
Perché raccontare e difendere i diritti – anche quelli che sembrano scontati – è parte della nostra identità editoriale. E lo è soprattutto quando quei diritti vengono messi in discussione con metodi sempre più subdoli: attraverso leggi “propaganda-free”, tagli ai programmi scolastici, omissioni simboliche, politiche pubbliche che si dimenticano deliberatamente di un’intera fascia della popolazione.
Il recente Rapporto 2025 di ILGA-Europe – l’organizzazione che monitora lo stato dei diritti LGBTIAQ+ in Europa – ci ricorda che non solo non siamo tutti uguali davanti alla legge, ma che c’è una regressione in corso, anche in paesi democratici.
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- Sette Stati europei hanno promulgato leggi che criminalizzano la visibilità LGBTIAQ+, le cosiddette “leggi anti-propaganda”.
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- Nove Paesi, Italia compresa, hanno introdotto misure per escludere temi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere dai programmi scolastici.
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- Il diritto d’asilo per motivi legati all’orientamento sessuale viene negato, in alcuni casi con la motivazione che la persona “non sembra abbastanza gay”.
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- E l’Italia, oggi, è al 35º posto su 54 Paesi europei, dietro l’Ungheria. Una classifica che dovrebbe farci riflettere più di qualsiasi polemica da social.
Le criticità elencate nel rapporto sono pesanti: dall’accesso alla sanità e all’istruzione al dilagare dei discorsi d’odio, dalla libertà di espressione al diritto alla casa. Emblematico – e vergognoso – l’episodio della Giornata della Memoria, quando in Italia si è “dimenticato” di ricordare le deportazioni e lo sterminio di migliaia di persone omosessuali durante l’Olocausto.
E allora no, non è vero che i diritti ci sono già tutti. Non è vero che è una “moda” o che si tratta di rivendicazioni superate. Non è vero che chi manifesta lo fa solo per esibizionismo.
È ancora necessario manifestare. E raccontarlo.
Soprattutto in territori, come il nostro, dove questa battaglia non è “mainstream”, non è sostenuta dalle grandi lobby, non ha dietro grandi partiti o riflettori glamour. Qui, nel profondo Sud, chi scende in piazza per il Pride lo fa con coraggio. Senza secondi fini, senza calcoli. E per questo merita rispetto, spazio, ascolto.
Tp24 ha scelto da che parte stare. Siamo – e continueremo ad essere – al fianco di chi lotta per la libertà di essere sé stessi, per il diritto all’amore, alla dignità, alla visibilità. Lo facciamo come giornalisti, come cittadini, come esseri umani. Lo facciamo anche quando è scomodo, anche quando ci costa insulti, anche quando ci dicono che “non serve”. Perché è proprio in quei momenti che serve di più.
Ci vediamo il 26 luglio, a Trapani. Con orgoglio.
Tp24