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01/07/2025 08:20:00

Marsala, pregiudicato assolto dall'accusa di maltrattamenti familiari

Il Tribunale di Marsala ha assolto dall’accusa di maltrattamenti familiari (rischiava alcuni anni di carcere) il 44enne pregiudicato marsalese Pietro Bonafede. Ma lo ha condannato a sei mesi di reclusione per violazione del divieto di avvicinamento alla presunta vittima, l’ex compagna, S.F., di 34 anni. Per questo procedimento penale, Bonafede si trovava in carcere dal 9 maggio del 2024. Ma il Tribunale, assolvendolo dal reato più grave (il pm ne aveva invocato la condanna anche per maltrattamenti), ne ha ordinato la scarcerazione. A difendere l’imputato è stato l’avvocato Alessandro Casano, che nel corso del processo ha cercato, con successo alla luce della sentenza, di
mettere in dubbio la credibilità dell’accusatrice.

 

 Nel decreto che aveva disposto il giudizio, a firma del giudice Sara Quittino, è corposo il carico delle contestazioni. Secondo l’accusa, infatti, il Bonafede, tra il 2023 e il 2024, si sarebbe reso protagonista di “più condotte di sistematica sopraffazione reiterate nel tempo”, sottoponendo la convivente ad un “intollerabile regime di vita,
con continue minacce (avvalendosi anche di un coltello), vessazioni, comportamenti aggressivi, violenze fisiche”. Nel dettaglio, sempre secondo il racconto della donna, durante la convivenza l’avrebbe più volte schiaffeggiata e spintonata, fino a farle sbattere la testa. Ed inoltre l’avrebbe frustata con il filo elettrico del phon, le avrebbe rotto il naso con un pugno, con uno schiaffo le avrebbe lesionato il timpano dell’orecchio. In altre occasioni l’avrebbe colpita con calci e pugni.
 

Una volta le avrebbe fatto anche un occhio nero. Poi, le avrebbe tirato i capelli, fino a staccare una ciocca dal cuoio capelluto. Il 30 marzo 2024, infine, al culmine dell’ennesima lite, con calci negli stinchi l’avrebbe spinta fuori di casa, facendola cadere a terra e dandole una pedata in faccia. Altri
violenti colpi sarebbero arrivati alla schiena e alla testa. Per i giudici, però, nel corso del dibattimento, la veridicità di queste accuse non sarebbe stata provata. Per questo è stata disposta l’assoluzione. La condanna, invece, è scattata perché il 31 marzo 2024 il Bonafede si è recato nell’abitazione dove la coppia viveva “more uxorio”, in contrada Ventrischi, violando così, seppur in assenza della donna, il divieto di avvicinarsi alla “parte offesa” disposto d’urgenza dal pm e che gli era stato notificato nella stessa data. 

 

Già da parecchio tempo prima, comunque, Pietro Bonafede era volto noto alla giustizia. Nell’ottobre 2016, infatti, i carabinieri lo avevano arrestato in esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dalla Procura di Marsala perché doveva scontare due anni e un mese di reclusione per i reati di evasione e produzione e detenzione di sostanze
stupefacenti. Per questo, fu rinchiuso nel carcere di Trapani.