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09/07/2025 06:00:00

Ora o mai più. Trapani, 56 milioni per salvare la città dagli allagamenti

A Trapani basta un temporale per trasformare le strade in fiumi. Ma questa non è solo una storia di pioggia e tombini otturati. È una vicenda che affonda nelle carte ingiallite degli anni ’70, tra piani di lottizzazione, canali tombati per far spazio ai palazzi, opere pubbliche mai entrate in funzione e una città che oggi paga un conto salatissimo: 56 milioni di euro per provare a rimediare.

Il piano anti-allagamenti è stato presentato a Palazzo d’Alì dallo staff di Technital, società guidata dall’ingegnere Simone Venturini, alla presenza del sindaco Giacomo Tranchida, del dirigente comunale Orazio Amenta e dell’assessore Giuseppe Pellegrino. È il primo studio scientifico completo sulle cause degli allagamenti che da anni mettono in ginocchio Trapani. E il quadro emerso è impietoso.

«Quando piove, non sappiamo dove e quanto, ma dobbiamo capire come portare quella pioggia da qualche parte- ha detto Tranchida - Per troppo tempo il problema è stato sottovalutato, con interventi scollegati tra loro, a volte inutili o dannosi. Questo studio è il primo passo per un futuro diverso, ma serve la collaborazione di tutti: Comune, Regione, Autorità di Bacino e Commissario per il dissesto».

Il nodo: tutto l’acqua finisce in Via Marsala
Secondo i tecnici, il sistema attuale è al collasso: l’intero bacino idrografico di Trapani grava su un solo punto critico, il sollevamento di Via Marsala. Quando questo va in pressione, l’acqua si riversa nelle strade. Solo dopo, quando la città è già sommersa, entra in funzione il bypass di Via Tunisi. «È come avere un lavandino che scarica solo quando ormai è pieno – ha spiegato Venturini – e con piogge sempre più intense, questo non è più sostenibile».

Il canale Scalabrino, tra mito e verità storica
Il dirigente Amenta ha ricostruito la storia del canale Scalabrino, un antico asse di drenaggio largo sei metri e profondo 1,80, che portava le acque di Monte Erice verso il porto. «Negli anni ’70 – ha raccontato – la commissione edilizia bocciò una lottizzazione perché insisteva sul canale. Ma pochi mesi dopo, con la promessa dei privati di tombarlo e trasformarlo in strada, il progetto venne approvato. Oggi il canale è un tubo sottodimensionato, sempre in pressione, che spinge l’acqua fuori dai tombini».

Amenta ha parlato di «errori urbanistici e scelte superficiali», mentre Venturini ha aggiunto un dato che fa riflettere: «In città c’è chi ancora crede che il canale non sia mai esistito, ma le carte comunali dicono altro. E se non sappiamo dove passa l’acqua, non possiamo progettare il futuro».

Le opere pubbliche inutili (e dannose)
Lo studio punta il dito anche contro i canali di Gronda costruiti negli anni ’80 per drenare le acque a monte. «Sono enormi – ha detto Amenta – ma non raccolgono una goccia d’acqua perché le strade di Erice bypassano i canali e portano l’acqua direttamente in città». Venturini è stato ancora più diretto: «Se fossero stati collegati correttamente, metà delle acque di monte non arriverebbero mai a Trapani».

Poi ci sono altri “fantasmi” urbanistici: un canale enorme realizzato dall’ASI vicino all’autostrada, mai completato perché un’area di lottizzazione ne ha interrotto il tracciato; e la decisione del 2005 di convogliare anche le acque del centro storico nel sollevamento di Via Marsala, già in crisi per conto suo. «Un errore che ha raddoppiato la portata in un impianto già sottodimensionato» ha ammesso Venturini.

Il piano da 56 milioni: tre assi di intervento
Lo studio propone un mix di opere “hard” e “green” per ridisegnare il sistema idraulico della città:

  • Riattivare i canali di Gronda sul Monte Erice per deviare metà del bacino idrografico fuori dal centro abitato.
  • Ricostruire l’asse del canale Scalabrino, oggi sostituito da un tubo che non regge più.
  • Creare un grande bacino di laminazione nella Salina Collegio, che fungerà da polmone per trattenere le piene e i sedimenti.
  • C’è anche un intervento di riforestazione della scarpata sud-ovest di Erice per ridurre l’erosione e contenere i detriti durante le piene. 
  • «Un approccio basato sulla natura – ha spiegato Venturini – che trasformerà la Salina in un parco urbano con funzione idraulica».

    «Non sprechiamo altri soldi»
    Tranchida ha ribadito che il Comune da solo non può farcela: «Abbiamo bisogno di fondi e di una regia regionale. Non è solo un problema tecnico ma politico. Se il piano resta nei cassetti, i cittadini continueranno a vedere l’acqua entrare nelle case e il mare riempirsi di fogna».

    Amenta ha lanciato un monito: «Per decenni abbiamo speso milioni in opere inutili e dannose. Non possiamo permetterci di sbagliare ancora».

    Venturini ha chiuso con un dato che lascia poco spazio alle illusioni: «Lo studio ha modellato l’evento del 26 settembre 2022, il più grave mai registrato a Trapani. Con gli interventi proposti, gli allagamenti passerebbero da 70 a 15 centimetri: non zero, ma gestibili. Senza fare nulla, invece, la prossima alluvione sarà peggiore».