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23/07/2025 06:00:00

Borsellino. 33 anni dopo, il “nuovo” traditore riaccende la guerra delle piste

 IL NUOVO TRADITORE

 

Da tempo ormai, con l’avvicinarsi delle date che segnano le stragi di Capaci e via D’Amelio, il dibattito pubblico viene invariabilmente animato da “nuovi dettagli”. Quello di quest’anno è un nuovo nome da dare all’amico che aveva tradito il giudice Paolo Borsellino: Guido Lo Porto.

 

Borsellino avrebbe capito il tradimento perchè sarebbe venuto a conoscenza della presenza di Lo Porto nella villa di Mariano Troia, un mafioso riconosciuto come basista della strage di Capaci. L’aveva detto, nel giugno del 1992, un confidente (poi divenuto collaboratore di giustizia): Alberto Lo Cicero. E dato che l’episodio in cui il giudice si sfogò in lacrime con i colleghi Massimo Russo e Alessandra Camassa, affermando di essere stato tradito da un amico, accadde una decina di giorni dopo, l’ipotesi è che questo amico sia proprio Lo Porto.

 

Ne è convinto Fabio Repici, avvocato di Salvatore Borsellino (fratello del giudice), che ha ripescato un verbale di una riunione di coordinamento tra procure dove, a scambiarsi informazioni sulla strage di Capaci avvenuta meno di un mese prima, c’erano: l’allora sostituto procuratore Vittorio Teresi, fino a poco tempo fa pm della cosiddetta Trattativa; Pietro Giammanco, allora procuratore capo, morto nel 2018 ad 87 anni Vittorio Aliquò, sostituto procuratore aggiunto, scomparso ad 85 anni nel 2021 e Pietro Vaccara, allora pm di Caltanissetta, morto nel 2009.

A questa riunione, dove si sarebbe parlato anche delle intercettazioni disposte nei confronti di questo Lo Cicero, aveva partecipato pure Borsellino che, sottolinea l’avvocato Repici, avrebbe provato interesse per ciò che diceva il confidente, proponendo che quelle cose potesse riferirle esclusivamente alla Procura della Repubblica di Palermo. È per questo che Borsellino, sarebbe rimasto fino al 19 luglio (data della strage di via D’Amelio) in attesa della delega del procuratore Giammanco a occuparsi degli affari criminali della città di Palermo. Solo così, infatti, avrebbe potuto raccogliere le sue dichiarazioni.

 

Oggi, il verbale riesumato dall’avvocato Repici è servito a mantenere ancora in vita l’inchiesta sui mandanti esterni delle stragi, interrompendone l’archiviazione.

La “nuova” ipotesi è che i mandanti esterni siano riconducibili alla politica di destra. E la figura di  Lo Porto, cade a pennello, perché da un lato rilancia la pista nera e dall’altro “colpisce” l’attuale governo Meloni, “erede” del partito di Lo Porto.

 

MA CHI E’ GUIDO LO PORTO?

 

Insieme a Borsellino facevano parte della destra missina e dei giovani del FUAN. In seguito le loro strade si separarono: Borsellino diventò magistrato e Lo Porto, che oggi ha 88 anni, fece carriera in politica. Fu eletto in Parlamento con il Movimento Sociale (poi Alleanza Nazionale) dal 1972 al 2001, quando divenne presidente dell'Ars. Nominato sottosegretario alla Difesa nel primo governo Berlusconi nel ’94.

 

Siamo sicuri che, dopo 33 anni, questa novità possa rilevarsi determinante per l’accertamento della verità? Anche perché, questa tutto sembra tranne che una novità. In passato infatti, le accuse di Lo Cicero avevano già prodotto un’inchiesta nei confronti di Lo Porto per concorso esterno in associazione mafiosa. Un’inchiesta definitivamente archiviata il 24 settembre 1999, “non essendo emersi sufficienti elementi a sostegno dell’accusa di avere avuto rapporti con la mafia, in particolare con Mariano Tullio Troia”. Insomma, la parola fine a questa storia era già stata messa 26 anni fa.

 

Vedremo cosa succederà nei prossimi mesi, nella speranza che non si ripetano gli errori del passato. Come quando l’amico che aveva tradito Borsellino era diventato il tenente dei carabinieri Carmelo Canale che, da eroe ed ombra del giudice, era stato trasformato in una talpa. Allora ci volle un estenuante processo per dimostrare che non era vero nulla, prima di assolverlo con formula piena in due gradi di giudizio.

 

LA TRATTATIVA, LA PISTA NERA, MAFIA-APPALTI E “LA RISCRITTURA”

 

Intanto, dopo 33 anni senza verità, si ha la netta impressione che le “tifoserie” tra i sostenitori della Trattativa Stato-Mafia e quelli del dossier Mafia-Appalti siano più agguerrite che mai, rispettivamente “sponsorizzate” dalla procura di Palermo e da quella di Caltanissetta.

In sostanza, la Trattativa Stato-Mafia descrive una risposta dello Stato alle stragi attraverso una negoziazione  con Cosa Nostra, mentre il dossier Mafia-Appalti indica un sistema mafioso-politico-imprenditoriale che Falcone e Borsellino stavano per smascherare.

 

Sulla prima, la Cassazione ha messo la parola fine dopo 15 anni di processi. Almeno dal punto di vista penale, che è quello più importante per una verità giudiziaria che si cerca da più di trent’anni. L’inchiesta sul dossier Mafia-Appalti è stata invece riaperta nel luglio 2022 dalla Procura di Caltanissetta, 30 anni dopo la sua archiviazione avvenuta nell’agosto 1992, con l’obiettivo di capire se sia stato il vero movente della strage di via D’Amelio. E qui abbiamo Giuseppe Pignatone, ex procuratore di Roma, indagato per favoreggiamento alla mafia, con l’accusa di aver istigato l’archiviazione dell’indagine su delle cave legate a imprenditori mafiosi. Ma abbiamo anche Gioacchino Natoli, ex pm di Palermo, e il generale della Guardia di Finanza Stefano Screpanti, indagati per aver contribuito alla sottovalutazione di alcune intercettazioni del 1991.

Intercettazioni che, lontano dall’essere state distrutte – la notizia è di poche settimane fa - sono invece state ritrovate. I pm di Caltanissetta, vogliono capire se davvero c’è una relazione tra la Strage di via D’Amelio e il presunto insabbiamento del dossier, che lega i gruppi imprenditoriali del Nord (Panzavolta, Ferruzzi, Gardini) ai clan mafiosi dei costruttori Antonino e Salvatore Buscemi e Franco Bonura.

 

Ma “Mafia-Appalti” non è famoso come la Trattativa. E se alcuni lo considerano con sufficienza, altri lo vedono come un vero e proprio pericolo da combattere. In passato era successo che la Trattativa venisse considerata dai sostenitori di Mafia-Appalti come un depistaggio. Oggi sono i sostenitori della Trattativa a percepire l'interesse per Mafia-Appalti come il tentativo della destra di escludere la matrice esterna. 

 

I SERVIZI SEGRETI AMERICANI

 

L’avvocato Fabio Repici parla di “tentativo di riscrittura” come nascondimento della verità che ostacolerebbe il “disegno revisionista e negazionista in corso”.

Secondo Salvatore Borsellino, invece ci sarebbe “un sistema di potere che sta cercando di riscrivere la storia del Paese, eliminando del tutto dalla storia di queste stragi le responsabilità dei servizi segreti e dell’eversione nera”.

Ancora più assolutista, il direttore Giorgio Bongiovanni di Antimafia Duemila, secondo il quale fu la Cia a coordinare le stragi: “Gli Stati Uniti d’America erano interessati ad uccidere sia Giovanni Falcone che Paolo Borsellino, perché erano ostacolo a un nuovo assetto di potere che poi ha governato per vent’anni l’Italia – ha affermato - E oggi, gli eredi di quel sistema, cioè i fascisti al governo dell’estrema destra, continuano quel sistema criminale integrato”.

Insomma, la pista nera.

Anche questa però archiviata, con il Gip che ha sottolineato l’errore di non vagliare l’attendibilità di alcuni personaggi con un metodo rigoroso, come ha insegnato Falcone, creando suggestioni e clamori mediatici che hanno influenzato i collaboratori di giustizia.

Fuori da questo coro è invece la voce di Fiammetta Borsellino, figlia del giudice: “Ad accelerare la morte di mio padre non è stata affatto la trattativa, ma il dossier su mafia e appalti – ha affermato - Si sono seguite piste inesistenti quando da sempre abbiamo ribadito che bisognava approfondire quel clima che mio padre viveva dentro la Procura di Palermo”.

 

Sono passati 33 anni. Siamo ancora in tempo per capirci qualcosa?

 

Egidio Morici