Altro giro, altra diretta. Da una barca, con occhiali da sole e tono grave, Valerio Antonini – patron del Trapani Calcio e della Trapani Shark – parla alla città. Ma non solo ai tifosi: stavolta si rivolge a chi sogna un’alternativa politica. O meglio, a chi è pronto a seguire la sua visione.
Perché il “presidente”, già cittadino onorario, si è fatto anche leader politico. O almeno ci sta lavorando. Con il solito stile muscolare, ipermediatico e molto personale, Antonini ha lanciato il suo movimento: si chiama "Futuro", ma sembra costruito sul passato più populista. E anche un po’ su se stesso.
Le date da segnare sul calendario
Gli appuntamenti sono già fissati:
25 agosto: via alla campagna tesseramenti per “Futuro”.
8 novembre, ore 10, Piazza Vittorio: grande manifestazione contro il sindaco Tranchida, accompagnata da una locandina con una vistosa "V" rossa. “V per Vendetta" precisa lui.
Sullo sfondo, una frase che suona come una chiamata alle armi: “Vi ho dato l’alternativa che aspettavate da decenni. Ora tocca a voi”.
Candidato sì, candidato no
Antonini non scioglie ancora la riserva sulla sua candidatura a sindaco. “Troppo presto”, dice. Ma se, come sostiene, molti consiglieri comunali sarebbero pronti a passare con lui e sfiduciare Tranchida entro dicembre, allora potrebbe "immolarsi". Fare il sacrificio supremo. Offrirsi alla città. Sempre per il bene comune, naturalmente. Mica per i suoi interessi.
Nel frattempo, i suoi esperti, dice, stanno lavorando a un programma in 28 punti.
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La marcia sulla città
Più che una lista civica, Antonini presenta una visione proprietaria della città. Il movimento “Futuro” non vuole raccogliere voti, ma imprenditori. I suoi veri interlocutori. La società sportiva diventa strumento e metodo, e il linguaggio usato (“usurpazione del potere da parte di Tranchida”) lascia intendere che si stia preparando una marcia sulla città, e non solo una campagna elettorale.
Un progetto che parla alla “sua” Trapani, quella che – sostiene – lo acclama, lo invoca, lo ringrazia. E che però è la stessa città dove i suoi club sportivi hanno subito pesanti penalizzazioni, i fornitori si lamentano di fatture mai saldate, e i giornalisti vengono presi di mira a ogni domanda scomoda.
Antonini parla di “informazione deviata”, ma per stavolta ci ha graziati. In diretta dalla sua barca, racconta che ora “le esigenze dei trapanesi sono diventate le sue”. D’altronde, da quando è diventato siciliano “grazie all’opposizione”, tutto è cambiato.
Una campagna permanente
Il merito va riconosciuto: coerenza di messaggio. Lo slogan “Make Trapani Great Again” è lo stesso per il basket, per la politica, per le dirette. Così quando farà campagna elettorale dentro le iniziative comunali, nessuno potrà dirgli nulla: è lo slogan della squadra, no?
La domanda resta però sospesa: chi sarà il candidato? Sarà lui? O un prestanome? “Deve essere credibile, riconoscibile”, dice. Poi si guarda allo specchio, e sorride.
Nel frattempo, Antonini spara bordate a Tranchida (“insufficiente, inadeguato”), dimenticando che fino a pochi mesi fa ne lodava il lavoro, e ci scriveva bandi insieme. Ma si sa: solo gli sciocchi non cambiano idea.
Il post del 19 luglio: il dovere della memoria (con qualche errore)
Nella sua nuova veste di leader maximo, Antonini si cimenta anche nello sport tipico di ogni politico siciliano: sfoggiare pensieri solenni in occasione delle commemorazioni delle vittime di mafia. E puntuale, il 19 luglio, data dell’attentato in cui vennero uccisi il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, Antonini ha pubblicato un post su X, dal tono ispirato e pieno di parole come “verità”, “eroi”, “giustizia”, “sacrificio”: “La Sicilia oggi ricorda una pagina bruttissima della sua storia... L’Italia intera non dimenticherà mai il sacrificio di questi eroi... La ricerca della verità su un evento così grave è il giusto riconoscimento...”. E ancora: "Le vittime meritano giustizia e la ricerca della verità su evento così grave come l’attentato di 31 anni fa e’ il giusto riconoscimento agli eroi caduti quel giorno vittime della mafia".
Peccato per un piccolo dettaglio: la strage di via D’Amelio è avvenuta nel 1992. Dunque non 31 anni fa, ma 33. Un errore che in altri casi sarebbe solo un peccato veniale. Ma che stride un po’ quando si invoca il dovere della memoria, si parla della lotta alla mafia e si invoca “la verità” per poi inciampare nella data dell’attentato più simbolico della storia recente della Sicilia.
Del resto, in una comunicazione che oscilla tra propaganda, pathos e autocelebrazione, anche la memoria diventa occasione di branding.
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