Il Salìber Fest compie cinque anni e che sia passato già tutto questo tempo non ci si crede neppure. Per affermare che un evento funzioni si dice basti attendere la terza edizione, l’edizione spartiacque la chiamano; l’esserci lasciati alle spalle la terza e pure la quarta edizione del festival mi fa ben sperare pur non abbassando la guardia mai. Fare Cultura in questo territorio è diventata sfida e missione, le difficoltà non mancano, la programmazione richiede tempi e risorse che una Politica miope spesso non concede e l’ISTAT e l’AIE (Associazione Italiana Editori) continuano a relegare l’Isola a fanalino di coda per gli indici di lettura, mentre biblioteche di pubblica letture e librerie chiudono per sempre o mai hanno aperto. In una situazione di povertà culturale sempre più accentuata, un festival come il nostro ha il dovere di farsi politico e in verità politico lo è sempre stato.
È da poco scomparso Goffredo Fofi – “fare Cultura è fare politica da fuori, politica dai margini, continuate così, è un vostro dovere. Rompete i coglioni” mi disse un giorno – e quell’appello l’ho accolto allora e con più convinzione lo accolgo oggi.
Abbiamo pensato che un festival di paese dovesse abbandonare ogni residuo di provincialismo possibile e pensare alla migliore e più completa offerta culturale per la comunità, a costo di scommettere, azzardare, trasformarsi negli anni, farsi altro, mutare. E in cinque anni ne ha subite di trasformazioni, il festival.
La muta, la pelle, la metamorfosi e torna tutto, si arriva al tema.
È bastato leggere i libri, guardare i film, ascoltare la musica dell’anno - e certo seguire il dibattito pubblico ora politico ora etico per accorgersi con evidenza che la riflessione si concentrasse con forza sul corpo.
Sul corpo ferito, abusato, violato e violentato, sul corpo femminile ucciso, Alessandra Carnaroli riflette da tempo, da quando coi versi di “Femminimondo” denunciava la violenza che subisce la donna. Non ha mai smesso e quest’ultimo libro “Non si tocca la frutta nei supermercati però i culi nelle metropolitane” ne è la prova. Ne parlerà con un’altra poetessa, Marilena Renda da poco finalista allo Strega Poesia con “Cinema Persefone” e della quale, questo territorio deve essere orgoglioso. E anche di guerra si parlerà, di ciò che, ormai sotto gli occhi di tutti, avviene da tempo a Gaza, di corpi bambini nati per morire.
Di violenza pure c’è traccia all’inizio di un grande romanzo che l’Italia ha imparato ad amare in ritardo anche grazie al successo seriale, “L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza, la storia di Modesta abusata bambina che si fa donna libera, complessa, ambigua anche, dal corpo che seduce.
Di corpi e desiderio, di queerness e fluidità era giunto il momento di parlarne anche qui e per farlo abbiamo chiamato gli esperti, il SICILIA QUEER Filmfest e i programmer Letizia Granata e Marco Grifò che ci condurranno in un viaggio nella cinematografia queer.
Spazio anche a Pasolini, a cinquant’anni dalla tragica morte, con la proiezione di “Teorema”(1968) nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna.
Dopo la vittoria del Leone d’Oro di Almodovar con lo straordinario “La stanza accanto” e le raccolte firme di questi mesi in Italia, non può mancare una riflessione sul corpo sofferente, malato, quello che invano invocare una buona morte - Giuliana Saladino, che avrebbe compiuto ora cento anni, scrivendo della malattia e del fine vita del suo amico Rocchi in “Romanzo civile” pubblicato postumo nel 2000 sembra parlare a noi, lettori d’oggi, ed è tutto così attuale e ingiustamente immutato.
Di salute mentale - che è fatto corporeo anche- la narrativa italiana ha prodotto quest’anno tantissimo materiale. “Lo sbilico” di Alcide Pierantozzi pubblicato da poco da Einaudi è giustamente riconosciuto da tutti come uno degli esempi letterari più sorprendenti e migliori sul tema, un’esperienza dolorosa e allucinata all’interno di una mente malata. E pure “La coscienza delle piante” di Nikolai Prestia edito da Marsilio affronta il tema ma da angolazioni diverse, la paura che corrode, l’ansia nella società della performance e le crisi di panico nel corpo degli universitari che temono di fallire, che falliscono, che non si rialzano a volte.
E a cinque giovani under 27, finalisti del Premio Letterario Halyciae, verrà data la parola, una riflessione su giovani e fragilità che si è fatta di carta, un’antologia di racconti che sarà presentata dagli autori in dialogo con Simone Sciamè, editor dal magazine Topsy kretts.
Si torna poi alla fluidità del corpo, alle sue metamorfosi, prima con l’omaggio ad Andrea Camilleri e alla sua Maruzza Musumeci, incantevole donna sirena poi con un viaggio per voce e immagini attraverso la storia dell’arte, una narrazione di Roberta Scorranese - tra le migliori giornaliste culturali italiane - attorno al suo ultimo saggio “Fluido. Corpi mutevoli e instabili nell’arte”. Un viaggio nel mito, nella letteratura, nell’arte, da Ermafrodito e san Sebastiano, Caravaggio e Botero, i travestimenti di Zeus e quelli di David Bowie, la sensualità della Parthenope sorrentiniana, per arrivare al corpo fluido di Damiano David.
Un tripudio di corpi poi nella mostra d’arte “Corpovivo” dedicata al ricordo di Marisa Leo, curata da Chiara Carelli e allestita nei locali del castello con opere pittoriche, scultoree, fotografiche e performative di nove artisti, da Juan Esperanza a Claudia Di Gangi, da Leonardo Cumbo a Riccardo D’Avola Corte.
Chiuderemo all’alba, come ogni anno, con un monologo commovente e sincero di Antonio Mocciola con l’attore palermitano Salvo Lupo. In scena, il corpo spoglio di un giovane caruso, Sebastiano, minatore nella Messina terremotata. E con lui scenderemo nel ventre della terra per tornare nel ventre della madre.
Vi aspettiamo
Il direttore artistico
Filippo Triolo