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28/07/2025 17:05:00

A Segesta debutta “Figlia di due mari”, melologo sulla memoria dell’Italia in Libia

Il 29 luglio, alle 21.00, il Tempio Dorico di Segesta ospita il debutto di Figlia di due mari, un melologo per attrice, cantante, voce narrante, pianoforte a quattro mani e video. 

Lo spettacolo, a ingresso gratuito su prenotazione, mette in scena un racconto che intreccia musica, storia e memoria, riportando l’attenzione sulla presenza coloniale italiana in Libia e sul ritorno forzato degli italiani nel 1970. 

La produzione nasce dalla collaborazione tra le compositrici Carla Magnan e Carla Rebora, che firmano una partitura costruita a quattro mani in un processo di scrittura condivisa, a distanza. Le due musiciste, riconosciute per il loro lavoro nel teatro musicale contemporaneo, hanno già collaborato in opere di forte impatto narrativo. 

In questo caso, la musica si lega a una drammaturgia firmata da Mariza D’Anna e Guido Barbieri, che prende spunto dai romanzi autobiografici della stessa D’Anna, Il ricordo che se ne ha e La casa di Shara Band Ong. Il progetto è una riduzione dell’opera lirica Il ricordo che se ne ha (2020-2021), commissionata dal Luglio Musicale Trapanese. In scena, Caterina Lo Bue, Sara di San Teodoro, il duo pianistico Paola Biondi e Debora Brunialti, con la voce narrante di Mariza D’Anna. La regia è affidata a Maria Paola Viano. Attraverso parole, musica e immagini, Figlia di due mari ricostruisce la vicenda di una famiglia siciliana emigrata in Libia durante il ventennio fascista, cresciuta tra due mondi e costretta a lasciare tutto cinquant’anni fa, durante l'espulsione degli italiani da parte del regime di Gheddafi. Un racconto che da personale si fa collettivo, e che offre una riflessione su identità, migrazioni ed esili. La partitura alterna suoni evocativi del deserto e del mare, brani popolari arabi e siciliani, canti d’epoca e frammenti sonori che restituiscono l’atmosfera di un mondo perduto. Sullo sfondo, il tema delle ferite ancora aperte nel rapporto tra Italia e Libia, tra memoria coloniale e ritorno forzato. 

Uno spettacolo che unisce linguaggi diversi per dare corpo a una storia rimossa, ma ancora attuale. E che trova nel paesaggio senza tempo di Segesta uno spazio ideale per riaccendere domande sul passato e sul presente.