Sono passati 42 anni da quel tragico 29 luglio 1983, quando una Fiat 126 imbottita di tritolo esplose in via Pipitone Federico, a Palermo, uccidendo il giudice Rocco Chinnici, i carabinieri della scorta Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta, e il portiere dello stabile, Stefano Li Sacchi. Una strage mafiosa che segnò l’inizio della lunga stagione degli attentati con autobomba e che oggi, dopo più di quattro decenni, continua a rappresentare un simbolo della lotta alla criminalità organizzata.
Ieri la Sicilia ha voluto rendere omaggio alla figura del magistrato, pioniere del pool antimafia, nel giorno dell’anniversario della sua uccisione.
A Palermo, in via Pipitone Federico, si è tenuta la cerimonia ufficiale con la presenza del gonfalone della Regione Siciliana. In rappresentanza del presidente Renato Schifani, l’assessora alla Famiglia, politiche sociali e lavoro, Nuccia Albano, ha deposto una corona d’alloro sul luogo dell’attentato.
«Nel ricordo di Chinnici – ha dichiarato Schifani – la Sicilia riafferma con determinazione la propria lotta alla criminalità organizzata. La sua visione lungimirante e il coraggio dimostrato hanno segnato l’inizio di una nuova stagione di contrasto alle mafie. Fu tra i primi a comprendere il valore del lavoro di squadra nella magistratura, contribuendo alla nascita del pool antimafia». Un pensiero è andato anche alle famiglie delle vittime, «che con dignità e forza hanno saputo trasformare il dolore in testimonianza civile».
Un momento di raccoglimento si è tenuto anche a Partanna, nel Trapanese, dove Chinnici fu Pretore dal 1954 per dodici anni, prima di essere trasferito al Tribunale di Palermo. In Piazza Umberto I, alla presenza del figlio Giovanni Chinnici, dei militari del Comando Provinciale dei Carabinieri di Trapani, dell’Associazione Nazionale Carabinieri, dell’Amministrazione comunale e di tanti cittadini, è stata deposta una corona di fiori al monumento dedicato al magistrato. A seguire, la Sala Consiliare del Comune di Partanna è stata intitolata a Rocco Chinnici, in un gesto che rafforza il legame profondo tra il giudice e la comunità che lo vide crescere professionalmente.
La memoria di Chinnici, della sua scorta e delle vittime innocenti di mafia continua a essere un faro per chi crede nella giustizia e nella legalità.