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01/08/2025 06:00:00

Il vero colore di Trapani: il 'giallo' di Palazzo D'Alì

C’è un giallo che tiene banco a Trapani, ma non ha a che fare con delitti o investigatori. Stavolta il mistero è cromatico. Al centro dell'enigma c'è Palazzo D’Alì, sede del Comune, oggetto di un restauro che, per la prima volta, si pone una domanda rimasta senza risposta per più di un secolo: di che colore era davvero?

Un’indagine in piena regola, tra vecchie cartoline, stratigrafie, fotografie in bianco e nero e ipotesi da decifrare. 

A guidare la caccia alla verità è l’architetto Antonino Alestra, responsabile unico del procedimento: «Questa è una vecchia cartolina ritoccata, ma già ci fa capire che il prospetto originario non era chiaro come lo vediamo oggi. Sicuramente era intonacato, ma con un colore terroso, molto vicino all’arenaria siciliana».

Il restauro è il primo vero della storia recente dell’edificio. «Dieci, quindici anni fa rifecero solo la facciata - spiega Alestra -  Nessun approfondimento storico, nessun recupero. Ma nulla è irreparabile».

Il lavoro in corso, finanziato con fondi Pnrr, vale circa 4 milioni di euro e dovrà essere consegnato entro l’1 gennaio 2026.

Il “giallo” però è doppio: oltre alla tinta, c’è da ricostruire la memoria perduta. «A Trapani interi pezzi di città sono stati cancellati per scelta. Nel 1870 si bandì una gara pubblica per demolire le mura del bastione dell’Impossibile. Da lì in poi, una parte importante della città è stata rasa al suolo».

Nel nuovo piano di lottizzazione firmato dall’ingegnere Giovan Battista Talotti nacquero i palazzi pubblici della nuova Trapani: la Prefettura, il Palazzo delle Poste, Palazzo Platamone e, appunto, Palazzo D’Alì. Una città moderna, ma costruita sulle rovine della sua stessa storia.

Ora si prova a percorrere il percorso inverso, per cui il team del cantiere sta studiando campioni, tracciando ipotesi, verificando ogni frammento di intonaco per scoprire quale fosse davvero il volto del palazzo. Pur nella consapevolezza dell'effetto impattante nella opinione pubblica. «Appena cambieremo colore, arriveranno le critiche - avverte Alestra - Perché finché lasci tutto com’è, nessuno dice nulla. Ma se provi a restituire identità, allora parte il “era meglio prima”».

A lavorare su prospetto c'è anche Claudia Bertolino, restauratrice con quindici anni di esperienza tra le vie del centro storico. Anche lei indaga: «In molti edifici ottocenteschi i colori originali cercano di imitare la pietra, toni caldi, terrosi. Alcuni palazzi mostrano rimaneggiamenti anni ’20-’30 con colori pastello, ma si tratta di interventi successivi, e spesso solo in piccole parti».

Gli indizi per risolvere il giallo di Palazzo D'Alì sono celati nei capitelli, che potrebbero essere stati dipinti con una tonalità diversa rispetto alle pareti. «Per farli risaltare – dice Bertolino – come si usava nei cortili interni e negli scaloni monumentali. Alcune chiavi di volta mostrano proprio tracce di quella colorazione antica».

L’intervento, oltre al prospetto, riguarderà i tetti, i capitelli, gli intonaci, tutti a base di calce come previsto dai vincoli della Soprintendenza. Niente demolizioni, solo consolidamenti e restauri mirati. Le tegole ammalorate verranno sostituite con materiali identici agli originali. La facciata nord, la più esposta a maestrale e grecale, è quella messa peggio. Quella a sud-est, invece, è sorprendentemente intatta.

Ma il restauro prevede anche un’apertura culturale, grazie al recupero dei dipinti storici nel piano nobile, ovvero il primo piano del Comune. Si punta, infatti, a renderlo accessibile al pubblico durante eventi come le Giornate FAI o La Via dei Tesori. Un’occasione per varcare le porte del “palazzo di governo” e scoprirne il passato.

«Riportare il colore giusto significa anche riportare la memoria ai trapanesi – conclude Alestra – e dire alle nuove generazioni: guardate, prima era così». Un giallo, sì. Ma con una soluzione che può riscrivere la storia.

Dal restauro alla legalità: il segnale che parte da Palazzo D’Alì

Il restauro di Palazzo D’Alì non è solo un’opera di recupero architettonico, ma anche un segnale simbolico. I lavori – finanziati con 3,9 milioni di euro del PNRR e affidati tramite l’accordo quadro nazionale – sono stati aggiudicati alla DE.RE.CO. srl, con sede a Catania, e il cantiere è diretto da Gaetano Debole. Lui è un imprenditore ennese che, anni fa, ha scelto la strada più difficile: quella della denuncia. Ha raccontato pubblicamente le pressioni, le minacce, i meccanismi di corruzione e di infiltrazione mafiosa nei pubblici appalti. Da allora vive sotto scorta, ma non ha smesso di credere in un’edilizia sana e libera. Nel suo paese ha fondato un’associazione antiracket e oggi sostiene altri imprenditori che decidono di non piegarsi. Che sia proprio da questo cantiere – dal cuore del Palazzo di Città – a partire un messaggio chiaro contro ogni forma di compromesso. Perché il restauro più importante, oggi, è quello dell’etica pubblica. E in Sicilia, di segnali così, ce n’è ancora bisogno.

 

Storia Di Trapani by Anna Restivo