di Katia Regina
Come verrà chiamato questo periodo storico dai posteri? Proviamo ora a dare un nome che serva a rappresentare le caratteristiche politiche, culturali e sociali che stanno dominando l'Europa – ma non solo – senza aspettare che sia un tedesco (Georg Ludwig Voigt) a farlo tra qualche secolo, come fu per l'Umanesimo.
Mi è sempre piaciuta questa parola e i suoi derivati: umanista, umanistico, umanizzare... tutto ciò che descrive quel fenomeno culturale che ha segnato il passaggio dall'età medievale a quella moderna. Ci eravamo illusi fosse ormai patrimonio acquisito per sempre, quanto meno nei Paesi cosiddetti evoluti.
È fin troppo evidente che ci troviamo in un periodo di regressione etica ben distribuita, di abbandono di quei valori che ponevano al centro i diritti inviolabili di ogni essere umano. Carta canta, ho pensato ingenuamente: sto parlando di Trattati, Dichiarazioni e Patti a cui hanno aderito la maggior parte degli Stati membri delle Nazioni Unite, inclusi i paesi europei, asiatici, africani e americani. Anche Israele ha ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici il 3 ottobre 1991, che a differenza di altri è vincolante, ma le accuse di violazioni sono ancora oggetto di dibattito e indagine a livello internazionale.
Tutto questo è molto imbarazzante oggi, o forse sarebbe più appropriato dire vergognoso. I rotoli di carta di quei trattati sono stati spostati dal grande leggio delle stanze di rappresentanza dei palazzi del potere ai bagni in fondo a destra. Sotto lo sguardo complice e vigliacco di quanti avrebbero dovuto vigilare e impedirlo.
Se dunque questo è il periodo storico dell'abbandono dei valori umanistici, il nome è presto dato: Inumanesimo. Auspico che così venga indicato sui libri di storia dei nostri posteri, sarà un segnale rassicurante per loro stessi.
Come altro vogliamo chiamare ciò che sta accadendo a Gaza? Una ulteriore etichetta è stata attaccata all'inferno già noto: carestia.
Ciò accade quando almeno 'il 20% delle famiglie soffre di estrema carenza di cibo o è praticamente affamato; almeno il 30% dei bambini di età compresa tra i sei mesi e i cinque anni soffre di malnutrizione acuta o deperimento, il che significa che sono troppo magri per la loro altezza; almeno due persone, o quattro bambini sotto i cinque anni, ogni 10mila muoiono ogni giorno a causa della fame o dell’interazione tra malnutrizione e malattie'.
E già immagino la legione di ragionieri dell'Integrated Food Security Phase Classification intenti a contare le percentuali per ogni singola voce, attenti a non sbagliare a dichiarare la carestia se a morire sono solo tre bambini sotto i cinque anni ogni 10mila ogni giorno, anziché i quattro necessari. Ma poi mi scuso, poverini, cosa c'entrano i ragionieri? Perché me la sto prendendo con quei pochi che provano almeno a fare qualcosa. Il fatto è che a un certo punto ci si sente confusi...
L'Inumanesimo potrebbe essere dunque un neologismo adeguato, in questa epoca di passioni crudeli, ancor più che tristi. Una stagione animata dal dibattito sull'uso delle parole più appropriate, prima ancora della ricerca delle soluzioni. Chiamiamo dunque con un nome nuovo ciò che sta subendo il popolo palestinese, un nome che sia una declinazione di quest'epoca Inumana. Chiamiamo i sessantamila morti civili con un solo nome che vada oltre la genìa, l'appartenenza, le intenzioni: Umanicidio. L'annientamento non di un singolo individuo o di un gruppo specifico, ma dell'essenza stessa dell'umanità.
Consigli per la visione, a proposito di qualcuno che almeno prova a fare qualcosa: Alessandro Barbero sostiene la Global Sumud Flotilla @GlobalSumudFlotilla
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