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01/09/2025 09:07:00

Le barchette per Gaza "salpano" da Marsala

Quanto è utile continuare a provare pena, vergogna, e sensi di colpa, per eventi avvenuti in passato, se eventi analoghi che avvengono nel presente non ci fanno reagire come se il passato ci avesse vaccinato?

 

 Se questo presente così scandaloso lo viviamo da spettatori immobili, paralizzati nel nostro quotidiano, anestetizzati dalla ripetitività dell’informazione dell’indicibile, allora a cosa sono serviti decenni di cultura del “per non dimenticare”? E i “giorni della memoria”? Per decenni, cinema, televisione, editoria letteraria, più tutte le manifestazioni organizzate da questo o quel partito o movimento, sono state finalizzate a mantenere alto il nostro livello di sensibilità. Qual è il risultato? Quanto siamo sensibili agli orrori di oggi? Quanto ci sentiamo “parte in causa”? Questa sera del 31 agosto 2025 a Marsala ho assistito all’esprimersi di quella sensibilità coltivata per anni: su iniziativa di Michaela Di Caprio e Libera (Salvatore Inguì e seguito) e una discreta presenza di cittadini, ai tavoli di Morsi e Sorsi non solo si consumava birra e stuzzicherie siciliane, come ogni sera, ma ci si improvvisava artigiani della pace, e si costruiva una flottiglia di appoggio alla Global Sumud Flottilla della quale le prime 20 imbarcazioni salperanno da Barcellona il 4 settembre. Altre 30 imbarcazioni salperanno più tardi da Grecia, Tunisia e Sicilia. Destinazione: l’orrore di oggi. La vera tragedia, per quanto mi riguarda, è che non necessitano spiegazioni: tutti, ma proprio tutti, sappiamo cosa succede in quella striscia di terra. Non si tratta di un massacro occultato come si poteva fare ottant’anni fa nella Germania nazista, o come il genocidio degli armeni per mano dei turchi ai tempi dell’impero ottomano (argomento periferico mai tornato al centro dell’attenzione degli storici). 

 

Oggi succede che gli aggiornamenti sui morti nella striscia di Gaza sono quotidiani e somministrati via televisiva a tutti gli orari. Siamo talmente anestetizzati da riuscire a continuare a gustare il pranzo o la cena mentre apprendiamo di un ennesimo ospedale bombardato, di altri bambini uccisi mentre cercavano una ciotola di cibo, l’ennesimo giornalista ucciso mentre cercava di fare il suo mestiere. È surreale, sembra un fanta-horror, ma è semplicemente una realtà che si ripete quotidianamente ormai da quasi due anni. Ecco perché siamo tutti parte in causa: quello che succede a Gaza alza a livelli parossistici la soglia di sopportabilità dell’orrore. Non stanno solo attuando una mattanza, ma stanno disumanizzando tutti. Eppure c’è chi scende nelle piazze e sventola bandiere con simboli di pace in segno di protesta. E c’è chi costruisce barche per la Palestina. E c’è chi raccoglie fondi per aiutare la missione di Global Sumud  Flottilla. A Marsala succede a piazza della Vittoria. Non sono vere barche di legno. Sono barchette di carta, uguali a quelle che fanno i bambini con i fogli di quaderno. Sono state colorate con pennarelli. I colori sono quelli della bandiera di Palestina. Piccole e di carta, poco pratiche per traversate nel mediterraneo. Ma questa sera, tra morsi e sorsi di autentica speranza, eravamo convinti che le nostre barchette di carta sarebbero servite a veicolare uno stato d’animo ormai vibrante e ampiamente condiviso: siamo stanchi dell’indifferenza e dell’ipocrisia. I genocidi, le pulizie etniche, i massacri, sono cose di un altro mondo, quello che non vogliamo più. E se i politici che ci governano non sono capaci di fare nulla per darci il mondo che vogliamo, allora appartengono anch’essi a quel mondo che non vogliamo. Le barchette di carta di Libera sono già in viaggio verso nuovi mondi, trasportano idee e sentimenti,  è solo questione di tempo…

 

Massimo Cardona