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03/09/2025 06:00:00

Trapani, procura di frontiera. Paci: “I diritti costano, ma nessuno vuole pagarli”

Incendi che divorano ettari di paradiso, cocaina a fiumi che alimenta violenza quotidiana, un Codice Rosso che rischia di paralizzare la giustizia, carceri al collasso, e una criminalità che non scompare ma si trasforma, spostandosi sempre più sul terreno economico e finanziario. La provincia di Trapani è un territorio fragile, un laboratorio dove si intrecciano vecchie e nuove emergenze. 
 

In mezzo il difficile lavoro dei magistrati. A raccontarlo con chiarezza e senza giri di parole è il procuratore di Trapani, Gabriele Paci. Con sguardo attento e schietto, Paci analizza fenomeni e criticità non solo come magistrato, ma come osservatore di un territorio in perenne emergenza. Il Procuratore mette in fila tre grandi questioni: la giustizia frammentata e povera di risorse, le emergenze quotidiane di un territorio sotto pressione e il volto nuovo della mafia, sempre più intrecciata all’economia.

 

Il puzzle delle procure
In provincia di Trapani il sistema giudiziario funziona come un puzzle complicato. Ci sono di fatto tre procure – Trapani, Marsala e Sciacca (che ricade su Agrigento ma ha ricadute anche trapanesi) – che si dividono un territorio relativamente piccolo, ma attraversato da fenomeni criminali complessi e mobili: mafia, droga, reati economici, reati legati alla pubblica amministrazione.
Non ci possono essere due procure a venti chilometri di distanza – spiega il procuratore di Trapani, Gabriele Paci –. Coordinare uffici diversi è faticoso: un ufficiale di polizia giudiziaria non può raccontare una cosa a me e poi tacere con il collega di Marsala. Oggi serve un’organizzazione diversa, con un procuratore aggiunto della DDA che lavori stabilmente su Trapani”.
 

La procura di frontiera
Non è la prima volta che Trapani viene definita “procura di frontiera”. Paci ricorda che già trent’anni fa il territorio viveva difficoltà organizzative. Oggi la situazione non è molto diversa: uffici sovraccarichi, personale ridotto e procedure da snellire. “Il rischio – osserva – è che ci si concentri su dibattiti astratti, come la separazione delle carriere, e si dimentichino i problemi concreti: i concorsi che non si fanno, i dipendenti pubblici malpagati, la mancanza di strumenti per lavorare”.
 

La giustizia digitale a rilento
Uno dei nodi principali è la transizione digitale. “Negli anni ’90 – racconta Paci – a Trapani c’era una ditta esterna che garantiva assistenza informatica ai magistrati. Oggi, con il processo telematico, non abbiamo neanche un tecnico in grado di risolvere i problemi di base. Eppure ci chiedono di passare dalla carta al digitale, senza personale e senza risorse”.
Il passaggio, sottolinea, non è solo tecnologico ma anche culturale: “Molti dipendenti hanno 50 o 60 anni, guadagnano poco e si trovano costretti a cambiare tutto il loro metodo di lavoro. Senza incentivi e senza supporto, è normale che ci sia resistenza”. 
 

“I diritti costano”
Il procuratore insiste su un punto: i diritti non possono restare solo sulla carta. “Se vuoi tutelare i carcerati, se vuoi proteggere le fasce più deboli, i cittadini, devi spendere. Qui invece abbiamo creato una serie di diritti inapplicabili, perché non c’è un euro per renderli concreti”.
Un esempio è la riforma Cartabia, che prevede la giustizia riparativa e le pene alternative: strumenti validi, ma che richiedono strutture e personale dedicato. “Senza investimenti restano solo buone intenzioni”, commenta Paci.
 

Una giustizia di prossimità
La fotografia che emerge è quella di una giustizia che rischia di diventare sempre più lontana dai cittadini. “Abbiamo uffici che si svuotano, tribunali che restano in piedi più per ragioni politiche che di efficienza – aggiunge –. Quando si parla di chiudere una sede, scatta la protesta dei sindaci e dei deputati locali. Così il sistema rimane bloccato, ma la qualità del servizio peggiora”.


Trapani come laboratorio nazionale
Quella che Paci descrive non è solo la condizione di Trapani, ma un problema che riguarda tutto il Paese. Uffici giudiziari sottodimensionati, digitalizzazione a metà, risorse insufficienti per rendere effettivi i diritti.
“Il nostro compito – conclude il procuratore – non è solo reprimere i reati, ma garantire che i cittadini credano nella giustizia. E per farlo serve una verità semplice da dire: i diritti costano. Bisogna decidere se vogliamo davvero pagarli”. In tutto ciò la provincia di Trapani è costantemente alle prese con delle emergenze sociali che vanno dalla droga, agli incendi, ai reati di genere, alla criminalità organizzata. Anche di questo ha parlato il procuratore Paci nell'intervista rilasciata a Tp24 e che continueremo domani.