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05/09/2025 06:00:00

Da "Scaricatori di porto" a Scudi Umanitari   

                                                                       

Di Katia Regina

D'ora in poi, l'espressione scaricatore di porto dovrà cambiare connotazione. Non più sinonimo di rozzezza, ma di una forza morale e di una capacità d'azione che la diplomazia internazionale sembra aver smarrito. E, a ben vedere, la loro azione non è una novità; a partire dalla Guerra del Vietnam, già da allora, i camalli di Genova si rifiutarono di movimentare carichi destinati alle navi statunitensi che rifornivano le forze americane impegnate nel conflitto.

 

E nel 2019 durante la Guerra in Yemen, i grezzi scaricatori di porto di Genova si opposero all'imbarco di materiale bellico, compresi carri armati, destinato agli Emirati Arabi Uniti. E, badate bene, non stiamo parlando di proteste solo simboliche: grazie al supporto delle fastidiose associazioni pacifiste, si riuscì davvero a impedire che le armi partissero da Genova. E come se non bastasse non è neppure la prima volta che i camalli prendono posizioni ferme sull'attuale guerra in Medio Oriente, già a partire dall'inizio del conflitto, nel novembre del 2023, sempre loro, sono riusciti a bloccare il carico di una nave della compagnia ZIM, la più grande compagnia marittima israeliana. In quell'occasione, hanno dichiarato di non voler essere complici della guerra. Verrebbe da dire che ormai sono solo loro, insieme a legioni di volontari, che riescono ad agire mossi esclusivamente da motivi etici e umanitari. E il loro attuale sostegno alla Global Sumud Flotilla altro non è che un'ulteriore e potente manifestazione di questa tradizione di lotta e di solidarietà.

 

La situazione a Gaza è un esempio lampante del fallimento della comunità internazionale. Nonostante le decine di migliaia di vittime civili, i crimini di guerra e le violazioni del diritto internazionale, la risposta delle potenze mondiali è stata timida e inefficace. Gli appelli alla moderazione si sono scontrati con l'indifferenza di uno Stato, Israele, che continua la sua offensiva senza subire conseguenze concrete. Gli accordi sul rispetto dei diritti umani, le convenzioni di Ginevra e le risoluzioni delle Nazioni Unite sono diventati carta straccia, ignorati da chi dovrebbe rispettarli e da chi dovrebbe farli rispettare. L'azione dei camalli di Genova, a sostegno della Global Sumud Flotilla. che si propone di portare aiuti a Gaza, rappresenta un'audace risposta all'incapacità delle istituzioni. È un monito chiaro: se gli Stati non agiranno, saranno i lavoratori a farlo, usando il loro potere per difendere la giustizia e la dignità umana.

 

I camalli di Genova non si limitano a maneggiare merci; si sono fatti scudo dei diritti umani, agendo dove le istituzioni hanno fallito. E a proposito di fallimenti, il governo italiano ha finora mantenuto una posizione di non riconoscimento dello Stato di Palestina, allineandosi a una parte dei paesi occidentali e distinguendosi da oltre la metà dei Paesi europei che, negli ultimi mesi, hanno compiuto questo passo. Questa scelta si inserisce in un quadro di politica estera che storicamente ha privilegiato le relazioni con Israele, spesso definendole speciali. L'incapacità del governo italiano di riconoscere la Palestina, nonostante l'evidente e inarrestabile escalation di violenze, la rende complice delle politiche di uno Stato che si sta rendendo colpevole di atrocità e violazioni del diritto internazionale.

 

La posizione dei portuali di Genova è un duro atto d'accusa contro l'immobilismo del governo italiano, un atto che mia nonna avrebbe definito come: lavata di faccia. Se i lavoratori sono disposti a rischiare le loro carriere per difendere la giustizia, il governo italiano non può più nascondersi dietro la retorica diplomatica. L'inerzia non è neutralità; è un'implicita approvazione delle politiche israeliane. I presunti strateghi della politica italiana vadano a lezione dai camalli. La loro minaccia di bloccare il traffico marittimo verso Israele è una mossa strategica che dimostra una comprensione profonda dei reali meccanismi di potere.  I cosiddetti facchini  danno lezione su cosa vuol dire muoversi all'interno di orizzonti etici inviolabili. Il porto di Genova è uno snodo cruciale per il commercio internazionale e fermare il flusso di merci verso uno Stato significa colpire il cuore della sua economia.

E ora, per favore, non usiamo più il termine scaricatore di porto per indicare qualcuno con mani callose perché solleva merci. D'ora in poi, quando vorremo denigrare qualcuno pensiamo piuttosto a quanti hanno le mani sporche di silenzio e complicità di fronte a una catastrofe umanitaria.

Per un approfondimento sulla storia dei camalli vi consiglio questo link: https://www.collettiva.it/archivio-storico/rassegnait/i-camalli-gente-del-porto-cgbyvi66  

 

Il video diventato virale dell'esponente del sindacato Usb dei portuali di Genova a sostegno della Global Sumud Flotilla:

 

 

 Questa politica, tuttavia, sta diventando insostenibile. Mentre l'Italia si attiene a un approccio diplomatico cauteloso, altri paesi europei hanno agito concretamente per spingere verso una soluzione a due Stati.

 



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