A meno di un anno dalla scadenza del PNRR, la Sicilia ha speso solo il 31,6% delle risorse disponibili: circa 5 miliardi su 15,9. A lanciare l’allarme è la CGIL, che denuncia ritardi, mancanza di coordinamento e rischio concreto di restituire parte dei fondi.
In ballo ci sono oltre 11 miliardi di euro destinati all’Isola, ma la lentezza nell’attuazione dei progetti e le divergenze strategiche tra i partiti stanno alimentando tensioni sempre più evidenti. Il rischio riguarda anche i posti di lavoro, nella sanità, ad esempio, sono 1600 le assunzioni previste. Assunzioni che andranno in fumo se non si raggiungono gli obiettivi.
Il dibattito si accende anche nella maggioranza. Il ministro Foti (FdI) esclude proroghe, mentre l’eurodeputato siciliano Falcone (Forza Italia) chiede più tempo per evitare il rischio di "opere incompiute".
Intanto, si valuta di dirottare parte delle risorse su altri strumenti come i fondi di Coesione, ipotesi che secondo Falcone “toglie ai territori”.
La Regione è soggetto attuatore solo per l’11% dei fondi, mentre il grosso della gestione è affidato a Comuni ed enti locali. Le priorità: digitalizzazione, turismo, coesione sociale, economia circolare. Esempio virtuoso è il progetto “Attrattività dei Borghi”, con 25 interventi in 36 comuni per 44 milioni di euro.
Ma il nodo vero resta l’occupazione: sanità, cultura e transizione ecologica sono settori strategici, ma mancano personale e formazione. La CGIL avverte: “Senza un cambio di passo, la crescita degli ultimi anni rischia di svanire”. La scadenza è fissata al 30 agosto 2026, ma il tempo – e la pazienza – stringono.