Il prezzo della pasta e la svendita della Sicilia: un caffè vale cinque chili di grano
La Sicilia in piazza: tra speculazione, grane estere trattate col glifosato e un'idrografia da Terzo Mondo. Gli agricoltori si scontrano con i "trafficanti del grano" mentre i Consorzi di Bonifica dormono sonni che definire "eterno" è un eufemismo.
Un chilo di pane lo si paga a Palermo 4 euro, a Milano si tocca tranquillamente quota 6 e oltre. Sapete a quanto viene pagato il grano duro a chi lo coltiva in Sicilia, il Sud d'Italia, l'Isola che dovrebbe essere il granaio d'Europa? Tra i 20 e i 28 centesimi al chilo. Fate due conti e capirete il paradosso che sta facendo imbestialire l'intero comparto agricolo siciliano, chiamato a raccolta dalla Coldiretti in una piazza Indipendenza di Palermo che è sembrata un mare in tempesta di bandiere e rabbia.
Un chilo di pasta lo paghiamo due euro, ma all'agricoltore – quello che si spacca la schiena per produrlo – vanno meno di 30 centesimi. La matematica non è un'opinione e qui la proporzione tra sforzo e ricavo è talmente distorta da fare gridare allo scandalo. Ma non è solo una questione di cifre. È una storia di speculazione, concorrenza sleale e (tutta siciliana) inefficienza idrica.
La beffa del glifosato: il grano canadese che "brucia" i nostri campi
Il nemico numero uno ha un nome e un cognome chiaro: speculazione internazionale. Non è un caso che migliaia di agricoltori abbiano sfilato con lo slogan “Basta ai trafficanti del grano!”.
Il punto di rottura si chiama importazione selvaggia. Mentre gli agricoltori attendono la raccolta, i porti come quello di Pozzallo si riempiono di navi cariche di grano estero, soprattutto dal Canada. Un arrivo massiccio, spesso anticipato, che fa crollare il prezzo del prodotto siciliano ancor prima che sia raccolto. E chi non può permettersi i silos per stoccare è costretto a svendere per non rimetterci tutti i costi di semina.
Ma c'è di peggio, ed è un danno che va oltre l'economia e tocca la nostra salute. Il grano canadese, denunciano Stefania e Antonio, è spesso trattato con il glifosato, un erbicida da noi vietato perché sospettato di essere cancerogeno. «Senza contare – aggiungono – che durante il trasporto via mare sviluppa spesso aflatossine e funghi. I turisti vengono qui per i nostri prodotti, ma rischiano di ritrovarsi sul piatto questi veleni».
Il presidente di Coldiretti Sicilia, Francesco Ferreri, dal palco ha ribadito il concetto, sottolineando che il grano isolano è di ottima qualità, spesso biologico, e non può essere messo in competizione con prodotti di dubbia salubrità.
Tra tubi rotti e Consorzi di Bonifica "dormienti"
Non tutto è colpa dei mercati internazionali. Gli agricoltori siciliani hanno problemi tutte interne all'Isola, problemi che gridano vendetta al cielo da decenni. I cartelli sventolati in piazza non lasciano spazio a dubbi: «Riparate i tubi rotti», «riformate i consorzi di bonifica», «senza acqua niente agricoltura».
La Sicilia ha un'idrografia che definire colabrodo è un eufemismo. Le riserve idriche ci sono, in teoria, ma vengono sprecate in quantità industriali per condutture vecchie e bacini lasciati senza manutenzione. Un insulto alla fatica di chi lotta quotidianamente contro la siccità.
L'appello (polemico) ai "Guardiani del Territorio"
La manifestazione, seppur sentita, non è stata esente da polemiche. L'associazione "I Guardiani del Territorio" di Marsala ha espresso una "condanna netta e senza appelli" nei confronti di Coldiretti, definendo la protesta come una "passerella nazionale sul prezzo del grano" che avrebbe ignorato i drammi urgenti della viticoltura siciliana, come la crisi idrica, la peronospora e la siccità.
«I viticoltori sono stati chiamati con l’indicazione – rivelatasi falsa – che la manifestazione avrebbe riguardato i temi che oggi li affliggono», si legge nel comunicato, che accusa Coldiretti di aver messo in piedi una "sceneggiata" con pullman gratuiti, colazione e magliette gialle, «mentre la viticoltura siciliana affonda».
L'accusa più pesante? Quella di non essersi fatta carico di chiedere l'applicazione della Misura 23 del PSR, i fondi europei individuati da Bruxelles per ristorare i danni da calamità naturali, in particolare la siccità che ha colpito violentemente le vigne.
Nonostante il fuoco incrociato delle polemiche interne, il messaggio degli agricoltori è cristallino e va dritto al Governo Meloni e al Ministero della "sovranità alimentare": si rischia di dipendere dall’estero per prodotti primari come pane e pasta. Ed è questa, in un momento geopolitico complesso, l'assurdità più grande. La svendita del Sud e della Sicilia non è solo un affare economico, è un rischio per la nostra sovranità e un insulto alla dignità di chi ancora decide di lottare con la terra.
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