E’ stato avviato, in Corte d’appello, a Palermo, il processo di secondo grado scaturito dall’operazione antimafia dei carabinieri “Hesperia”, che il 6 settembre 2022 vide finire in carcere o ai domiciliari presunti affiliati e fiancheggiatori di Cosa Nostra a Marsala, Mazara, Campobello di Mazara, Castelvetrano, Paceco e Partinico. Il processo è quello ordinario.
Quello che il 23 luglio 2024 si è concluso, in primo grado, con la sentenza emessa dal Tribunale di Marsala. Una sentenza che ha visto condannati tutti gli imputati (sette), anche se alcuni capi d’imputazione sono stati riqualificati in reati meno gravi, e in qualche caso è stata esclusa l’aggravante più pesante. E cioè il “metodo mafioso”. Le accuse a vario titolo contestate agli indagati (35 in tutto, con misure cautelari di varia natura) sono state associazione mafiosa, estorsione, turbata libertà degli incanti (nelle aste al Tribunale di Marsala), reati in materia di stupefacenti, porto abusivo di armi, gioco d’azzardo e altro, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose. Il 23 luglio dello scorso anno, il Tribunale lilybetano (presidente del collegio: Vito Marcello Saladino) la pena più dura, sette anni di carcere, l’ha inflitta al 52enne marsalese Stefano Putaggio, agente immobiliare, ex attivista del M5S, accusato di estorsione, con aggravante del metodo mafioso, ad un imprenditore che si era aggiudicato, per circa 400 mila euro, un immobile ad un’asta giudiziaria. Per Putaggio, il pm della Dda di Palermo Pierangelo Padova aveva invocato 10 anni. In aula, la presunta vittima di estorsione, l’agente di commercio Giuseppe Sturiano, aveva negato di aver subito pressioni per pagare.
“Non ho mai subito alcuna minaccia – dichiarò il teste quando venne chiamato a deporre - Ho pagato solo per la mediazione in un affare”. Dei richiesti 4 mila euro, avrebbe pagato la metà. Ma per gli investigatori, Sturiano sarebbe stato vittima di una estorsione commessa da Putaggio, insieme al suo socio Antonino Lombardo (deceduto nel 2023, a 70 anni, a causa di una grave malattia) e ad Antonino Raia. Un cognome “pesante”, quest’ultimo, in Cosa Nostra marsalese. Per Sturiano, il Tribunale, contestualmente alla sentenza, ha disposto la trasmissione in Procura degli atti relativi alla sua deposizione per valutare gli eventuali estremi del reato di falsa testimonianza. A sei anni, invece, lo scorso anno, è stato condannato Vito De Vita, di 47 anni, accusato della cessione di una partita di droga per 1300 euro, a cinque anni ciascuno Riccardo Di Girolamo, di 46, e Filippo Aiello, di 77, a tre anni e mezzo Lorenzo Catarinicchia, di 44, anche loro tutti marsalesi, e infine ad un anno e tre mesi ciascuno, con pena sospesa, i mazaresi Nicolò e Bartolomeo Macaddino, di 64 e 60 anni, grossi imprenditori del settore ittico, per i quali l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso è stata derubricata in quella molto meno grave di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Per Aiello l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa è stata derubricata in favoreggiamento, mentre per Di Girolamo e Catarinicchia è caduta l’aggravante del “metodo mafioso”. A difendere gli imputati sono stati gli avvocati Vito Daniele Cimiotta, Giacomo Frazzitta, Giovanni Gaudino, Manuela Canale, Giuseppe De Luca e Giuseppe Tumbiolo (gli ultimi due per i Macaddino).
Risarcimento danni solo per due parti civili: i Comune di Castelvetrano e di Campobello di Mazara (100 mila euro ciascuno). Per l’11 novembre sono previste la requisitoria del pm e gli interventi dei legali di parte civile. Il 4 dicembre, invece, sarà il turno dei difensori dei sette imputati. Altri 27 imputati avevano scelto il rito abbreviato. E a metà aprile, a Palermo, c’è stata la sentenza d’appello. E assolvendo solo uno degli imputati condannati in primo grado (il mazarese Paolo Bonanno, difeso da Luigi Pipitone e Teresa Certa), nonché rideterminando le pene per altri tre, la Corte d’appello di Palermo ha pressoché confermato nel resto la sentenza emessa, il 14 dicembre 2023, dal gup Ermelinda Marfia, che ai 27 imputati aveva inflitto condanne per quasi 230 anni di carcere. Le pene più severe (20 anni di carcere) per Francesco Luppino e per il marsalese Francesco Giuseppe Raia. Per quest’ultimo, la pena è stata rideterminata in 28 anni e 6 mesi in continuazione con un’altra condanna definitiva dal 2014. La Corte ha, inoltre, ridotto la pena a 3 anni e 4 mesi a Rosario Stallone e a 3 anni e 8 mesi a Jonathan Lucchese. Il gup Marfia aveva inoltre sentenziato 18 anni per Antonino Cuttone e Vincenzo Spezia, 16 anni per Piero Di Natale, 12 anni per Antonino Ernesto Raia, 11 anni e 4 mesi per Marco Buffa, 9 anni per Vito Gaiazzo, 8 anni e 8 mesi per Antonino Pace e Tiziana Rallo, 6 anni e 8 mesi per Carmelo Salerno (per lui anche 30 mila euro di multa), 6 anni e 4 mesi per Vincenzo Pisciotta, 6 anni per Leonardo Casano, Vincenzo Romano e Michele Vitale, 5 anni e 8 mesi per Giuseppe Salerno, 5 anni e 4 mesi per Antonino Nastasi e Giuseppe Speciale, 5 anni per Giuseppa Prinzivalli e Francesco Pulizzi, 4 anni e 4 mesi per Francesco Stallone, Paolo Bonanno, Girolamo Li Causi, Jonathan Lucchese, Marco Manzo e Vito Vincenzo Rallo, 4 anni per Rosario Stallone.