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25/10/2025 06:00:00

La scomparsa del guanto: 45 anni di bugie sul delitto Mattarella

Quarantacinque anni di veleni. Tanto è trascorso dall’omicidio di Piersanti Mattarella, il Presidente della Regione Siciliana, ucciso dalla mafia il giorno dell’Epifania del 1980. Un delitto che, come ben sappiamo, ha rappresentato uno spartiacque nella lotta a Cosa Nostra. Ma, forse, anche un baratro in cui sono state fatte precipitare le verità più scomode. E il prezzo di questa omertà istituzionale lo sta pagando oggi un uomo, un ex alto funzionario dello Stato: Filippo Piritore, ex funzionario della Squadra Mobile di Palermo, poi Questore e Prefetto, ora agli arresti domiciliari con l'accusa pesantissima di depistaggio.

Il fulcro di questa clamorosa svolta investigativa non è un pentito o un’arma dimenticata, ma un oggetto all’apparenza banale: un guanto di pelle marrone, ritrovato nella Fiat 127 utilizzata dai killer per la fuga e poi abbandonata in una via limitrofa. Un guanto che, fin da subito, venne riconosciuto come il potenziale "oggetto regina" dell’indagine , l'unico in grado di condurre all’identificazione di almeno uno degli assassini.

 

Ebbene, quel guanto è sparito, e l'ombra della sua sparizione si allunga oggi su un uomo che, all'epoca, era uno dei primi a maneggiarlo.

 

La "Prova Regina" Svanita nel Nulla

 

La mattina del 6 gennaio 1980, Piersanti Mattarella, l'uomo della "politica di rinnovamento" , fu assassinato. Poco dopo, la Fiat 127 bianca rubata e usata per il delitto fu ritrovata. Il personale della Polizia Scientifica fece i rilievi, fotografando, tra gli altri oggetti, il fatidico guanto.

La procedura prevedeva che la Squadra Mobile di Palermo, presente sul posto con i funzionari Girolamo Di Fazio e, soprattutto, Filippo Piritore, si occupasse di repertare il materiale. E qui inizia la storia dei "veleni":

 

Il guanto era l'oggetto del killer: Il proprietario della 127 rubata, Isidoro Fulvo, interrogato proprio dal Piritore il giorno dopo, riconobbe tutti i suoi oggetti tranne il guanto, che quindi apparteneva con ogni probabilità a uno degli assassini.

  • Un'anomalia istituzionale: Il ministro dell'Interno, Virginio Rognoni, l'8 gennaio 1980, già sottolineava in Senato che il guanto era l' "unico oggetto che potrebbe appartenere ai criminali". La sua importanza era chiara fin dalle primissime ore.

    Sparizione e silenzio: Nonostante tutto, del guanto non fu mai redatto un verbale di sequestro o repertazione. Un successivo "Rapporto preliminare" del 9 febbraio 1980 non ne faceva neanche menzione. Il guanto si era volatilizzato.

     

     

    Le Bugie del Funzionario in Pensione

    Le nuove indagini, riaperte a partire dal 2017 , si sono concentrate sulla ricerca di quel guanto, sperando nelle moderne tecniche di estrazione del DNA. Ed è qui che Piritore, interpellato come persona informata sui fatti a distanza di quarantacinque anni, ha confezionato, secondo l'accusa, il suo depistaggio.

Piritore, chiamato a chiarire il mistero, ha riconosciuto i suoi vecchi appunti interni alla Squadra Mobile, in cui attestava di aver consegnato il guanto, il 7 gennaio 1980, alla "guardia Di Natale scientifica per il dott. Grasso". Ma la sua versione è stata radicalmente smentita e giudicata "assolutamente inverosimile"

Pietro Grasso smentisce: l'allora Sostituto Procuratore Piero Grasso ha escluso in modo categorico di aver mai ricevuto il guanto o di aver impartito disposizioni per averlo. Anzi, tenerlo in Procura sarebbe stato "senza ragione investigativa".

  • Di Natale smentisce: Giuseppe Di Natale, tecnico dattiloscopista della Scientifica, ha negato di aver mai ricevuto il guanto. Ha spiegato che la sua mansione era di laboratorio e non prevedeva consegne in Procura.

    La nuova "storia": Interrogato nuovamente il 17 settembre 2024, Piritore non si è limitato a ribadire l'inesistente consegna a Grasso, ma ha introdotto un elemento ulteriore: il guanto sarebbe poi tornato alla Scientifica e consegnato, sempre da lui, a un certo "Lauricella". Ma le indagini hanno accertato che nessun "Lauricella" prestava servizio al Gabinetto regionale di Polizia scientifica.

     

Per i magistrati, il piano del Piritore era chiaro: inventare un tragitto tortuoso per la prova, con destinatari inesistenti o ignari, al solo scopo di deviare le indagini attuali e "definitivamente dimenticare" la sorte del reperto. Un depistaggio "dichiarativo" realizzato per "ostacolare e sviare le attuali indagini".

 

 

Il "Sistema Piritore" e l'Ombra Lunga di Contrada

 

Le intercettazioni nell'auto di Piritore hanno messo a nudo lo stress dell'uomo per le convocazioni a Palermo e una frase che suona come una tardiva, inquietante ammissione: «Se sono state occultate... Sono state occultate negli anni Novanta... quando si è scoperto il Dna». Una chiara mossa per "posticipare" la sparizione del guanto al periodo in cui non era più direttamente responsabile.

 

Ma l'ordinanza non si ferma all'uomo Piritore. Proietta l'ombra del depistaggio su un contesto molto più vasto, quello che già nel 1980 destò alla Corte d'Assise di Palermo "seri dubbi sulla linearità, completezza e tempestività delle indagini".

In questo scenario, emerge il nome di Bruno Contrada, all'epoca dirigente ad interim della Squadra Mobile di Palermo, nonché capo della Criminalpol. I magistrati di Palermo non hanno esitato a tracciare il legame:  tra Contrada e Piritore non c'era solo un rapporto professionale, ma un legame che "ben valicava" l'ufficio. Contrada partecipò al battesimo della figlia di Piritore nel marzo 1980. Una promozione "per merito straordinario" per Piritore arrivò il 29 dicembre 1980, preceduta da una telefonata di Contrada al Questore. La Procura sottolinea che Contrada, mentre dirigeva le indagini sul delitto Mattarella, intratteneva rapporti riservati con i mandanti condannati dell'omicidio, come Michele Greco e Salvatore Riina. Lo stesso Piritore ha riferito che, dopo il ritrovamento del guanto, "avvisai subito il dirigente della Mobile, nella persona di Contrada, che evidentemente mi disse di avvisare il dott. Grasso e di mandare i reperti alla Scientifica".

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Il nesso è sottile ma eloquente: Piritore, in rapporti stretti con Contrada (il dirigente poi condannato per concorso esterno), fu il custode materiale e l'autore della scomparsa documentale della prova più importante, il guanto. Il depistaggio degli anni '80 (non più perseguibile per prescrizione) e quello "dichiarativo" del 2024 sono visti come un continuum.

 

L'accusa è lampante: Piritore è portatore, dal 1980 a oggi, di "interessi chiaramente contrari all'accertamento della verità", interessi che "riguardano un più ampio e imperscrutabile contesto" , tuttora attivi negli ambienti delle Forze di polizia.

 

Quarantacinque anni dopo, la verità sull'omicidio di Piersanti Mattarella è ancora intrappolata in un groviglio di menzogne. Il vecchio funzionario in pensione, forse solo un esecutore di ordini superiori, è ora chiamato a rispondere di una colpa attuale: quella di aver tentato di non far uscire dal baratro il fantasma di un guanto che ha urlato per decenni la sua assenza. E, con lui, anche l'ombra degli insospettabili che ne decretarono la sparizione.

 



Antimafia | 2025-12-03 08:47:00
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