Prime battute, in Tribunale, a Marsala, del processo a sette delle persone coinvolte, il 16 dicembre 2024, in un’operazione di Guardia di finanza e Dda di Palermo sfociata in 18 misure cautelari per presunti mafiosi e favoreggiatori di Marsala e Mazara.
Imputati: i marsalesi Giancarlo Nicolò Angileri, di 61 anni, Michele Marino, di 65, Giovanni Piccione, di 58, Massimo Antonino Sfraga, di 52, e Gaspare Tumbarello, di 49, e i mazaresi Vito Ferrantello, di 43, e Giuseppe Prenci, di 28. L’eccezione, già sollevata senza successo nell’udienza preliminare davanti al gup di Palermo Ivana Vassallo, è dell’avvocato Diego Tranchida ed è relativa a Tumbarello (al tempo stesso imputato e parte offesa), per il quale il legale ha chiesto la dichiarazione di nullità della richiesta di rinvio a giudizio. Sulla richiesta il Tribunale deciderà il 13 gennaio. Tra gli altri legali impegnati nel processo, Vito Daniele Cimiotta, Andrea Pellegrino, Giacomo Cannizzo, Antonina Bonafede. In udienza è emerso che Giuseppe Prenci ha revocato il mandato difensivo all’avvocato Luisa Calamia, nominando un legale romano (Quaranta). A sostenere l’accusa nel processo è il pm della Dda Francesca Dessì, che lo scorso 30 settembre ha chiesto la condanna dei nove imputati che hanno scelto il rito abbreviato. Dodici anni di carcere, in particolare, sono stati invocati per il 50enne pastore marsalese Domenico Centonze. Dieci anni ciascuno, invece, per Pietro Centonze, classe ’50, padre di Domenico, per Pietro Centonze, classe ’69, cugino di Domenico, e per il mazarese Alessandro Messina.
Queste le altre richieste del pm: 8 anni ciascuno per Pietro Burzotta, genero del defunto boss mafioso Vito Gondola, Paolo Apollo e Ignazio Di Vita, anche loro di Mazara, 2 anni e 8 mesi per il marsalese Antonino Giovanni Bilello e 6 mesi, infine, per il mazarese Lorenzo Buscaino. Cinque dei nove imputati sono difesi dall’avvocato Luigi Pipitone, uno (Pietro Centonze classe ’69) da Pasquale Massimiliano Tranchida e Raffaele Bonsignore, un altro (Di Vita) da Tommaso Di Lisi. Secondo gli inquirenti, Burzotta avrebbe ereditato il ruolo di comando del suocero Vito Gondola, assumendo un ruolo di primo piano nella gestione delle attività illecite legate al controllo delle aree di pascolo. Le indagini hanno riguardato soprattutto il controllo dei pascoli e fatto luce anche su un episodio di turbativa d'asta relativo alla vendita giudiziaria di un terreno tra Mazara e Petrosino, di proprietà della società "Orto Verde". Presunti mafiosi e fiancheggiatori avrebbero tentato di manipolare la procedura per favorire l'aggiudicazione a soggetti vicini a Cosa Nostra.