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04/11/2025 06:00:00

“C’è un frammento del mio cranio in quell’auto”: il monumento di Trapani che divide e commuove

È stata inaugurata in piazza Vittorio Veneto, a Trapani, l’opera “Flowers 132 (Rinascita)”, realizzata dall’artista Massimiliano Errera e dedicata alla strage di Pizzolungo del 2 aprile 1985, in cui morirono Barbara Rizzo e i suoi due figli, Giuseppe e Salvatore Asta

 

L’installazione, che utilizza i resti della Fiat 132 blindata del giudice Carlo Palermo, sopravvissuto all’attentato, è stata trasformata in un monumento alla memoria e alla rinascita civile.

 

Durante la cerimonia, uno dei momenti più toccanti è stato l’intervento dell’ex agente della scorta Totò La Porta, che commosso ha detto: «C’è un frammento del mio cranio in quell’auto». Parole forti, che hanno attraversato la piazza e restituito la dimensione umana di quella tragedia.

 

 

La prefetta Daniela Lupo ha invitato a vedere l’opera come «un simbolo di memoria, perché quanto accaduto non si ripeta più». Mentre Margherita Asta, figlia e sorella delle vittime, ha ricordato: «Quando Lucia mi chiese cosa ne pensassi, dissi che andava bene se poteva servire a far riflettere. Quest’opera rappresenta la bruttezza di quello che è accaduto il 2 aprile 1985, ma anche la speranza. Mi sono emozionata quando Totò ha detto che c’è un pezzo del suo cranio in quella macchina. In quest’auto c’è la ruggine, ma il sole la illumina: dal dolore nascono i fiori, nasce la speranza, e Trapani deve guardare avanti».

 

 

In collegamento da Trento, Carlo Palermo ha ricordato che «su quella vicenda resta ancora una verità più complessa e nascosta di quella finora raccontata», ma ha espresso qualche perplessità: «Avrei voluto che fosse più chiaro che i tre fiori rappresentano Barbara, Giuseppe e Salvatore. Sono gli innocenti, completamente estranei alla mafia, vittime di un attentato che non li riguardava. È una storia trapanese, fatta da criminali trapanesi e vittime innocenti. Non bisogna confondere la memoria con la rappresentazione estetica».

 

 

Giacomo Tranchida, sindaco di Trapani, ha risposto: «Mi assumo la responsabilità della scelta di piazza Vittorio Veneto. Non vogliamo più nascondere la polvere sotto il tappeto. Quest’auto è un pezzo di storia che nei libri forse non si legge, ma che appartiene alla città. È una provocazione e allo stesso tempo un messaggio di speranza».

 

 

Mentre il presidente del Libero Consorzio Comunale, Salvatore Quinci, ha sottolineato che: «Quando la storia incontra l'arte è la cultura ad emergere con tutta la sua forza collettiva ed evocativa. La testimonianza si fa ricordo ma anche impegno. Le coscienze di ognuno di noi vengono chiamate ad esprimere un percorso solidale di
rispetto delle regole contro le illegalità, di strenua difesa dei valori di libertà contro chi ha scelto la violenza e l'arbitrio. La mafia si affronta e si vince con lo Stato di diritto, con la prevenzione e la repressione, con il lavoro di Forze dell'Ordine e Magistratura. Ma c'è da battere un avversario più subdolo, più insidioso, rappresentato dalla cultura mafiosa. Questa è una sfida di popolo, di ogni cittadino. E' la sfida di una società che si libera dalle sue incertezze e dalle sue contraddizioni, che si unisce e che condivide lo stesso percorso, lasciando poco spazio alle polemiche. La storia non si cancella. Non è mai inopportuna e non va indebolita da fattori estetici o logistici. Deve invece essere conosciuta ai più. E se l'arte le dà una mano si può avviare un reale processo di cambiamento, che una nuova cultura sarà chiamata a custodire. Trapani sta dando il suo contributo. ». 

Sulla stessa linea anche il presidente della Commissione Antimafia regionale, Antonello Cracolici, che ha dichiarato: «A chi fa paura questo monumento? Forse a chi preferirebbe cancellare la memoria, non comprendendo che ricordare serve a capire oggi cos’è la mafia e come si presenta. È cambiata, è meno violenta, ma resta presente e fortemente imprenditoriale, anche in questo territorio. I mafiosi non sono andati in ferie, ci sono gli eredi, e dobbiamo continuare a combatterli con strumenti nuovi». Cracolici ha aggiunto: «Una parte delle nuove generazioni è affascinata dai valori distorti della sopraffazione e della violenza. Combattere la cultura delle armi e della droga è un modo per contrastare i mafiosi di oggi e quelli che aspirano a diventarlo».

 

Anche il deputato regionale Dario Safina ha sottolineato che «quest’opera potrà suscitare opinioni diverse, ma ciò che rappresenta va oltre qualsiasi giudizio estetico: è un tributo a chi ha pagato con la vita e un impegno a non abbassare mai lo sguardo».

 

 

Non mancano le polemiche sul luogo scelto, accanto al Monumento ai Caduti: c’è chi lo ritiene fuori contesto, chi teme che la pioggia possa deteriorare i resti dell’auto, e chi pensa che una città turistica come Trapani non debba essere associata in modo permanente all’immagine della mafia.

Il 2 aprile 1985, sul lungomare di Pizzolungo, una carica di tritolo destinata al giudice Palermo esplose travolgendo l’auto di Barbara Rizzo e dei suoi gemellini. Morirono all’istante. Palermo e la sua scorta — Raffaele Di Mercurio, Totò La Porta, Nino Ruggirello e Rosario Maggio — rimasero feriti.

Oggi, quarant’anni dopo, quei rottami tornano al centro della città come monito di verità e impegno civile. Un’opera che divide, ma che riporta il dolore di Trapani dal silenzio alla luce, tra ruggine e fiori, memoria e rinascita.