«Voglio continuare a raccontare la testimonianza di mia moglie anche nelle scuole. Lo devo a lei, ma anche a tante altre persone che vivono combattendo con un tumore. Sento il desiderio di aiutare, di stimolare gli altri ad apprezzare la propria vita».
A parlare è Giorgio Tranchida, marito di Maria Cristina Gallo, la professoressa di Mazara del Vallo morta il 10 ottobre scorso dopo aver denunciato il ritardo di otto mesi nella consegna dell’esame istologico. Una denuncia che ha aperto un’inchiesta: oggi 19 persone sono sotto processo.
Lunedì 10 novembre, nella parrocchia Cristo Re di Mazara del Vallo, sarà celebrata la messa del trigesimo.
«Ancora oggi ricevo messaggi e telefonate dai suoi alunni – racconta Tranchida – qualche giorno fa, al cimitero, uno dei suoi studenti ha lasciato un mazzo di fiori. Lei è stata insegnante anche durante la malattia».
Parole piene di affetto e gratitudine per una donna che ha saputo lasciare un segno profondo nella scuola e nella comunità mazarese.
«Mia moglie – continua – non ha mai chiesto vendetta e non nutriva rabbia per nessuno. Aveva voglia di giustizia. Per lei girarsi dall’altra parte di fronte a un’ingiustizia significava alimentare un sistema di rassegnazione, che non faceva parte del suo carattere».
Tranchida guarda alla sanità con amarezza ma anche con equilibrio: «Mentre dalla sanità ti aspetti un aiuto, per mia moglie è arrivata la condanna proprio da una struttura pubblica. Potrei usare tante parole per descrivere quegli otto mesi di attesa: negligenza, superficialità, distrazione, pressapochismo. Tutto questo ha tolto a Cristina l’opportunità di curarsi in tempo. Ma non tutto è da condannare: all’Istituto nazionale tumori di Milano ci siamo sentiti a casa, abbiamo trovato professionalità e umanità. La stessa cosa al reparto di Oncologia dell’ospedale di Castelvetrano».
Un racconto di dolore e di coraggio, quello di Giorgio Tranchida, che ha deciso di trasformare la sofferenza in testimonianza. «Lo farò nelle scuole – dice – perché i ragazzi devono capire che la vita è un dono, e che la dignità e la giustizia vanno sempre difese».