Nella riserva naturale orientata Pantalica, Valle dell'Anapo e Torrente Cava Grande, in provincia di Siracusa, un team di entomologi dell’Università Roma Tre ha individuato una nuova specie di ragno, Leptorchestes elisae, sorprendentemente simile a una formica sia nell’aspetto che nel comportamento. La scoperta è stata descritta sulla rivista scientifica Fragmenta Entomologica.
La ricerca è stata condotta da Tommaso Fusco, dottorando in Biologia Ambientale, dal professor Andrea Di Giulio, responsabile del Laboratorio di Entomologia e Parassitologia del Dipartimento di Scienze dell’Università Roma Tre, e da Stefano Cantone, ricercatore del CREA di Acireale. Le analisi sul campo si sono svolte tra il 2023 e il 2024, mentre le osservazioni morfologiche sono state completate nei laboratori dell’ateneo romano.
“Durante i campionamenti estivi a Pantalica abbiamo notato dei ragni molto simili alle formiche – racconta Fusco –. Analizzando i campioni in laboratorio, ci siamo accorti che possedevano caratteristiche morfologiche uniche, particolarmente negli organi riproduttori, che ci hanno portato a identificarli come una nuova specie”.
La strategia evolutiva di Leptorchestes elisae, nota come mirmecomorfia, permette al ragno di mimetizzarsi tra le formiche per proteggersi dai predatori come rettili e uccelli, senza però predare le formiche stesse. Nonostante la diffusa fobia verso i ragni, essi svolgono un ruolo ecologico fondamentale come predatori, contribuendo al mantenimento dell’equilibrio negli ecosistemi terrestri.
La scoperta conferma l’importanza delle ricerche faunistiche e tassonomiche in Sicilia, un territorio ancora poco esplorato ma ricco di biodiversità. “Conoscere la biodiversità è il primo passo per conservarla – afferma Di Giulio –. La scoperta di Leptorchestes elisae, così come quella recente della nuova ape Andrena culucciae, dimostra quanto sia cruciale formare nuovi tassonomi per valorizzare il patrimonio naturale italiano”.
Leptorchestes elisae, finora rinvenuta solo nella riserva di Pantalica, rappresenta una nuova testimonianza della ricchezza biologica delle aree mediterranee e dell’importanza di tutelare ambienti naturali ancora integri.