×
 
 
27/11/2025 06:00:00

Antonini, il palco e il precipizio

Ho analizzato con attenzione la lunga, ultima, diretta social di Valerio Antonini. In qualche passaggio solleva temi reali – per esempio la scarsa partecipazione allo stadio e la cronica assenza di sponsor – questioni che qualunque osservatore del sistema sportivo trapanese non può ignorare. Su questo, invita a una riflessione legittima: chi pretende risultati ambiziosi dovrebbe forse sostenere le società anche dal punto di vista economico.

Per il resto, però, la diretta è stata un flusso ininterrotto, lungo 50 minuti, di affermazioni contraddittorie, che si sovrappongono e si annullano a vicenda.
Nel giro di pochi minuti Antonini annuncia di voler lasciare Trapani, poi rivendica il progetto politico-civico del suo movimento. Dice di non voler più occuparsi della città, ma nello stesso video rilancia la “Cittadella dello Sport”, un’opera che richiederebbe proprio la partecipazione attiva della comunità. Critica gli spettatori che non riempiono gli impianti, ma continua a evocare scenari che – nei numeri – non trovano alcuna corrispondenza con la realtà demografica del territorio.

Anche sul piano delle responsabilità economiche la narrazione è sfuggente: attribuisce la crisi a una città che “non risponde”, a un Comune che “sarebbe la causa di tutto”, alle contestazioni dei tifosi, a scelte altrui, a presunte campagne mediatiche. Non una parola, invece, su squilibri strutturali che erano evidenti già da mesi, e che oggi lo costringono a parlare di “ridimensionamento” e di tagli parametrati agli incassi.

Il paragone con Roma e con l’Olimpico – tirato in ballo per spiegare la differenza di ricavi – è una rappresentazione plastica del paradosso: voler assimilare una piazza di tre milioni di abitanti al contesto trapanese è un esercizio retorico che non regge alla prova dei fatti. La verità, che emerge tra le righe, è molto più semplice: il modello di spesa non era sostenibile.

Antonini mostra una capacità indubbia di cambiare registro, tono e versione dei fatti con rapidità. Una comunicazione iperbolica, spesso esagerata, che negli ultimi anni è stata il centro del suo modo di porsi: sempre sopra le righe, sempre in scena, sempre alla ricerca del riflettore. Ma in questa esposizione permanente ha finito per oltrepassare limiti politici, istituzionali e sportivi, entrando in collisione – non di rado – con federazioni, amministrazioni, enti di controllo.

Oggi, davanti alle difficoltà, evoca scenari di uscita, minaccia passi indietro, parla di “fantocci” che potrebbero sostituirlo, annuncia ristrutturazioni radicali, rilancia battaglie politiche, e poi – nello stesso respiro – dichiara che resterà per portare avanti la Cittadella dello Sport.

È una narrazione che procede in direzioni opposte, continuamente.
Ed è proprio questa oscillazione continua che crea disorientamento tra tifosi e città.

Nella sua volontà dichiarata di “fare grande Trapani”, Antonini ha certamente investito risorse ingenti e ha portato risultati sportivi innegabili. Ma nella gestione dei rapporti istituzionali e nella costruzione di un equilibrio con il territorio si è mosso spesso in modo impetuoso, bruciando ponti invece di costruirli. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: tensioni con federazioni, frizioni con il Comune, rapporti complicati con una parte della tifoseria.

La sua è stata – e rimane – una figura centrale e dominante del progetto sportivo trapanese. Ma la sovraesposizione costante, la comunicazione emotiva e il continuo rilancio di promesse sempre più ambiziose lo hanno messo in una posizione fragile proprio nel momento in cui servirebbe lucidità e misura.

Il rischio, oggi, è che l’uomo abbia finito per travolgere il progetto.
E ora non resta che chiedersi se riuscirà davvero a compiere quei “passi indietro” che lui stesso ha evocato, o se ancora una volta tornerà in scena – perché senza scena, forse, non saprebbe stare.

 

Il Sorcio Verde