Sulla famiglia del bosco tra funghi, Wi-Fi e bagno a norma
di Katia Regina
Il caso della famiglia anglo-australiana che ha scelto i boschi di Palmoli per la propria vita off-grid è l'archetipo perfetto della tensione che attraversa la nostra epoca. Da un lato, l’irresistibile necessità di un’autenticità fuori dalle logiche asfissianti del consumismo; dall’altro, la dura e indiscutibile realtà del contratto sociale e, soprattutto, della tutela minorile. È un dilemma che ci divide e ci costringe a guardare le nostre ipocrisie. Ho deciso di parlarne sperando di capire meglio, io per prima, senza tifoserie strumentali, ma con ragionevolezza.
L'ispirazione neorurale, che spinge a voltare le spalle alla città per riabbracciare il ciclo della natura e l'autosufficienza, è un movimento nobile. Chi, del resto, non vorrebbe sbarazzarsi di bollette e burocrazia per vivere in armonia col proprio orto? Eppure, l'estremismo di questa scelta si è scontrato con un limite invalicabile: la salute e la sicurezza dei bambini. L'assenza di servizi essenziali — non stiamo parlando di una piscina o di un televisore al plasma, ma di acqua corrente e servizi igienici adeguati — ha trasformato l’ideale di semplicità in una condizione di rischio che la legge italiana non ha più potuto ignorare, dopo che il caso è diventato di pubblico dominio.
L’epilogo di questa precarietà è arrivato con una sferzata di umorismo nero della Natura stessa: l’intera famiglia, compresi i tre bambini, è finita in ospedale per una grave intossicazione da funghi velenosi. In un attimo, il sogno dell’autosufficienza si è dissolto nella necessità di un elisoccorso per la madre e nell’intervento provvidenziale di un conoscente che ha chiamato il 118. Il sistema che si intendeva ripudiare è diventato, letteralmente, l'unico salvatore. È l'ironia più amara: si fugge dalla civiltà, ma per salvarsi si deve sperare che i suoi ingranaggi funzionino perfettamente e rapidamente.
A rendere la narrazione di questa purezza ancora più disincantata è la palese contraddizione sul fronte economico. I neorurali lottano contro il capitalismo e la logica del profitto; eppure, la famiglia nel bosco non viveva di solo muschio e bacche. Per sostenere questa vita isolata, la madre svolgeva, tramite internet, consulenze come guaritrice. La casa nel bosco non aveva l’acqua corrente, ma aveva, grazie ai pannelli solari, una connessione digitale indispensabile per monetizzare la propria competenza. È un ritratto illuminante del neoruralismo digitale: l’atto di protesta contro l’urbano si autofinanzia tramite le stesse reti e lo stesso sistema di libero mercato che si vorrebbe abbattere. Si combatte la società moderna… a patto di avere un buon segnale Wi-Fi.
L'ambiguità ha raggiunto il suo culmine con l'episodio della richiesta di denaro da parte del padre per permettere ai servizi sociali di effettuare gli accertamenti sullo stato di salute dei figli. Se la scelta di vita è dettata da principi etici e non negoziabili, il fatto di subordinare un controllo medico legale – per i minori, beninteso – a un presunto riscatto economico, suona come una provocazione troppo calcolata. Se non c’è prezzo per la libertà, c’è forse un preventivo per le analisi del sangue?
L'aspirazione a vivere secondo regole proprie è legittima, ma in Italia, come in ogni nazione, non può esistere al di fuori del quadro legale. L'istruzione parentale (homeschooling) è un diritto costituzionale, e su questo la famiglia pare fosse formalmente in regola . Ma quando l'isolamento o la precarietà igienico-sanitaria vengono percepite come un rischio per il benessere psicofisico, lo Stato ha il dovere di intervenire, assumendosi la responsabilità di decisioni drastiche.
Il caso della comunità Amish americana potrebbe essere un utile parallelismo. Essi vivono in totale separazione dalla modernità e dai suoi riti (e godono, pare, di benefici per la salute come una minore incidenza dell’asma), ma la loro autonomia è il frutto di una negoziazione storica e comunitaria con le leggi federali. Non è un'auto-dichiarazione di esenzione dalle regole fondamentali. Chi sceglie di abitare in un borgo del vastese, e non in un territorio libero da giurisdizione, deve accettare che le leggi sulla tutela dei minori valgono anche sotto i pini.
E la vicenda, come nelle migliori narrazioni, ha preso la piega inattesa del lieto fine. Un imprenditore del posto ha offerto alla famiglia una casa vera, con tutti i comfort ritenuti essenziali, e pare che la soluzione sia stata accettata. Addio al rudere nel bosco, benvenuta l'accoglienza comunitaria, magari con un bagno vero e un’infermeria a portata di mano (solo per precauzione, si capisce). I bambini, sicuramente, verranno ricongiunti ai genitori, e vissero tutti felici e contenti: una perfetta fiaba moderna, con tanto di bosco, pericolo scampato e, persino, la figura archetipica del Donatore.
Ora, tolte le disgustose strumentalizzazioni politiche di quanti hanno usato la vicenda per attaccare la magistratura, ciò che resta è lampante: non siamo credibili in quanto esempio di modello culturale. Lo stesso modello che ha prodotto il fenomeno neorurale, quello con il riscaldamento centralizzato e il bagno scintillante, è lo stesso che produce ogni giorno disagi psicologici diffusi, isolamento sociale e, peggio ancora, abusi sui minori. Le nostre città e le nostre case a norma sono statisticamente il primo luogo di violenza e sofferenza.
Forse, il vero scandalo di questa vicenda non è tanto la mancanza di un bidet nel bosco, quanto la mancanza di una alternativa davvero credibile, governata dal rispetto verso ogni forma di essere vivente. Questa vicenda non ha smascherato un potenziale danno alla salute di tre bambini, tutto da dimostrare, ma l'impossibilità etica di argomentare contro chi tenta una strada alternativa, un tentativo che, per quanto maldestro o incoerente, nasce dalla stessa disperazione che molti di noi provano di fronte a una società dominante e spesso disumana.
Consigli per la lettura: Breve trattato sulla decrescita serena-Come sopravvivere allo sviluppo
di Serge Latouche edizioni Bollati Boringheri
Consigli per la visione: un video di Bernando Cumbo
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