Il Tribunale di Marsala ha condannato a 15 anni di reclusione il dottor Alfonso Tumbarello, accusato di avere fornito falsi certificati e coperture sanitarie che avrebbero permesso a Matteo Messina Denaro di curarsi sotto falsa identità mentre era ricercato come capo di Cosa nostra.
Secondo l’accusa, Tumbarello avrebbe agevolato il boss nel percorso di cure oncologiche attraverso la figura di “Andrea Bonafede”, prestanome il cui profilo sanitario sarebbe stato utilizzato per consentire al latitante di accedere indisturbato a visite, terapie e farmaci. Un sistema ritenuto essenziale per proteggere la rete di sostegno che ha garantito a Messina Denaro di vivere sul territorio fino alla cattura del gennaio 2023.
La sentenza è arrivata questa sera al termine di un processo particolarmente complesso, con una ricostruzione che ha toccato anni di cartelle cliniche, testimonianze, accessi sanitari e flussi documentali. Per i giudici, il ruolo di Tumbarello sarebbe stato determinante nella copertura medica del boss, che ha potuto muoversi e curarsi senza attirare sospetti.
La condanna conferma l’impianto accusatorio della Procura e definisce il primo e più importante capitolo processuale legato alla rete che ha permesso al latitante più ricercato d’Italia di vivere indisturbato nel cuore della provincia trapanese.
Si attendono ora le motivazioni della sentenza, che verranno depositate nelle prossime settimane e che chiariranno nel dettaglio gli elementi che hanno portato alla quantificazione della pena.
La vicenda giudiziaria non si chiude qui: altre posizioni, altri procedimenti e altri filoni investigativi restano aperti per delineare l’intera struttura di complicità che ha protetto per anni Messina Denaro.